QUARANTA Costantino
(Brescia, 22 gennaio 1813 - 31 maggio 1887). Di Gaetano e di Matilde Mesmer. Un suo prozio p. Giuseppe Quaranta dei padri della Pace fu musicista di certo valore. Fin da fanciullo dimostrò inclinazione alla musica per cui il maestro Defendente Conti e il prof. Giuseppe Tosi, insistettero presso suo nonno materno Giovanni Mesmer, al quale venne affidato essendo rimasto orfano da bambino, perchè fosse avviato alla scuola del maestro bresciano e poi mandato al conservatorio di Milano. Là ebbe come docenti i maestri Francesco Basily e poi per la composizione il contrappunto Nicola Vaccai e, ancora per il piano l'Angeleri. Più volte premiato tornò a Brescia maestro compositore e soprattutto espertissimo in contrappunto. Suggestionato dai successi di Donizetti e Bellini compose, su libretto di Giuseppe Gallia, l'Opera "Ettore Fieramosca o la Disfida di Barletta" rappresentato al Teatro Apollo di Venezia nel 1839 e al "Grande" di Brescia nel 1842, con rinomati artisti come Luigi Paolin (Ettore Fieramosca), Almerinda Grandi (Ginevra di Monreale), Giulio Soldi (Consalvo di Cordova), Francesco Leonardi (Cesare Borgia), Lucia Bazzoni (Zoraide). L'opera venne caldeggiata dai due insigni musicisti citati, da Francesco Basily, direttore del Conservatorio di Milano e poi della Cappella Giulia a S. Pietro in Vaticano, e da Nicola Vaccai, l'autore di Giulietta e Romeo. Tali lusinghieri «eccitamenti, scrive Paolo Chimeri, avrebbero dovuto acuire il suo desiderio di proseguire la carriera teatrale: pazientò egli, e tentò illudersi per parecchi anni, durante i quali condusse a termine altre tre opere per il teatro, animato sempre dalla speranza di vederle rappresentate». Nel 1848 su libretto del poeta veronese Giuseppe Pullé compose un melodramma intitolato "Hernani" che non venne mai rappresentato ma il cui libretto venne utilizzato da Temistocle Solera che ne riversò buona parte nel libretto, "I Lombardi alla prima crociata" (1842), per Giuseppe Verdi. Un impresario di Milano gli propose la composizione di due opere per il Teatro Carcano, ma come ha scritto il Chimeri, scoraggiato da difficoltà che si rinnovavano continuamente e convinto forse (si era negli anni 1844-45) che ormai l'interessamento del pubblico si orientava verso Verdi, che aveva trionfato alla Scala col "Nabucco" e coi "Lombardi", bruciò in una mattinata invernale le sue partiture, rinunciando per sempre al teatro. Così come rifiutò nel 1846 o per eccessiva modestia o perchè mal consigliato l'invito ad assumere la direzione della celebre cappella musicale di S. Maria in Bergamo, vacante per la morte di Simone Mayr. Preferì, invece, a preghiera del Barone Girolamo Monti, il posto di maestro di cappella della nostra Cattedrale con stipendio di 200 svanziche all'anno. Vi rimase due anni, durante i quali compose in stile liturgico, che a quel tempo si chiamava stile a cappella, tutta la musica necessaria per le funzioni del Duomo, e fra l'altro quattro messe e una raccolta di piccoli salmi. "Libero da ogni impaccio burocratico, e sufficientemente provveduto di rendita propria per avere una condizione indipendente e discretamente agiata, si diede come ha scritto il Chimeri «tutto a' suoi studi prediletti e all'arte sacra, spiritualizzando in sè stesso il sentimento musicale sovrabbondante che lo aveva prima sospinto verso il teatro"». Fece parte della Giunta di Consulta dell'Istituto "G. Venturi" e fu il principale promotore del Circolo Artistico Bresciano. Vasta la sua cultura pari alla modestia, conobbe il francese, il tedesco e l'inglese. Compose molta musica da chiesa nella quale come si legge nelle "Note d'archivio per la storia musicale" (1938), sviluppò il carattere melodrammatico rossiniano, verdiano, belliniano, ecc. del suo tempo, contro il quale reagì l'Associazione ceciliana. L'esecuzione della musica sacra di Quaranta venne quindi proibita, nelle chiese della Diocesi di Brescia, perchè l'autorità ecclesiastica, pur riconoscendone i pregi artistici, la dichiarò non conforme alle prescrizioni liturgiche e al carattere sacro della musica ecclesiastica. Inutili le difese che ne prese Paolo Chimeri in una sua memoria. Come ha scritto mons. Nasoni «in generale la musica del Quaranta è costruita bene, in taluni luoghi ardita e piena di slanci, altrove resa a purissima forma d'arte. Non fu colpa di lui s'egli scrisse prima dell'epoca della riforma della musica sacra e se risentì di alcuni difetti dovuti all'epoca. In molte cose egli divinò i tempi comportandosi con una correttezza per allora veramente eccezionale ed ammirevole». Lasciò messe "da vivo" e "da morto", Inni, Litanie, Vespri, Salmi, Misteri. Fra le sue composizioni vengono segnalati un "Gratias agimus" a 8 voci e due cori, il "Pater noster" a 4 voci, l'"Agnus Dei" a 8 voci e 2 cori, le 3 "Ave Maria", una a 4 voci, un'altra a 8 voci e due cori, una terza a 12 voci e tre cori, e insieme a questi ed altri pezzi della stessa importanza (ha lasciato un "Padre nostro" di Dante a 16 parti e 4 cori, completo nella parte vocale e solo abbozzato nella parte strumentale). Almeno due centinaia di altre composizioni, brevi e lunghe, nelle quali, sottolinea il Chimeri, il maestro geniale si afferma sempre in modo poderoso e dove le pagine splendide per fattura e per inspirazione non sono certamente rare. Lo stesso Chimeri sottolinea che "Ascoltando un Kyrie a 4 voci in do maggiore, eseguito per la prima volta a S. Faustino intorno al '70 Antonio Bazzini non esitò a chiamarlo "degno di Brahms". E ancora: "L'Ave Maria a 8 voci, composta prima del '70 richiamò l'attenzione del celebre maestro Bulow, il quale volle conoscere personalmente l'autore e congratularsi vivamente con lui per la severità e la grandiosità di quella composizione. Ed ebbe pure il Quaranta, schivo per natura di avvicinarsi ai grandi, e modestissimo estimatore dell'opera sua fino all'inverosimile le più alte attestazioni di plauso e di elogio da altri musicisti insigni d'Italia e dell'estero: fra i primi Verdi, Bottesini, Ponchielli, Cagnoni, Platania ecc., fra i secondi Iadasshon, Reineke, Reimberger, Rubinstein". Tra le sue composizioni più ricordata è la Messa "grande" eseguita nel Santuario delle Grazie l'8 e 10 settembre 1886 da cento parti d'orchestra ed altrettanti cantori. Presso l'archivio del Santuario si conservano oltre 50 pezzi di musica da lui composti. Oltre ad una copiosa produzione di musica sacra pubblicò "Sei melodie con parole italiane e francesi" una romanza e cavatina scritte per Giovanni Galante (La Cavatina venne eseguita da Lorenzo Seniga); l'Inno Nazionale e il Domino nero, su versi di Ettore Quaranta eseguito al Teatro Grande il 2 giugno 1861. Il Quaranta lasciò tutta la sua musica in eredità al violinista Francesco Piazza. Al suo nome venne intitolata la Società Mandolinistica, fusione del Circolo Mandolinistico e della Società del plettro (v. Mandolinistica, Società Mandolinistica Costantino Quaranta). Sul lato a sinistra della porta del Duomo Vecchio fu posta una lapide col basso rilievo in bronzo del suo ritratto colla seguente iscrizione: « A / Costantino Quaranta / nella musica religiosa / maestro inspirato sapiente / promotore del Circolo Artistico di Brescia / i cittadini d. MDCCCXC». Per iniziativa e munificenza di Francesco Piazza il 2 novembre 1915 veniva inaugurato nel Pantheon del Cimitero di Brescia un busto dello scultore Domenico Ghidoni con la seguente iscrizione dettata da Angelo Canossi: «Nell'ispirata mente - di Costantino Quaranta - la musica sacra risorse a dignità di Religione e di Arte 1813-1887». Al musicista è stata intitolata dal 1951 la via che unisce viale Venezia con viale Piave. Tale nome ha sostituito l'intitolazione a mons. Daniele Comboni.

EB – Enciclopedia Bresciana di Antonio Fappani
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Brescia
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