Giovanni Marinuzzi

Nacque a Palermo da Antonio Marinuzzi - avvocato e deputato al Parlamento, ora Senatore del Regno. - Fin da bambino mostrò attitudini per la musica, ma era destinato all'avvocatura. Intravista da un amico di famiglia la sua spiccata tendenza alla musica fu messo alla scuola del maestro Zuelli, allora direttore del Conservatorio di Palermo, e sotto questo maestro fece rapidamente i suoi studi uscendo a 18 anni dal Conservatorio. In occasione del regicidio di Umberto I il Marinuzzi compose in poco tempo una Messa di requiem che venne eseguita al Pantheon di Palermo sotto la direzione del maestro Zuelli e per la quale venne nominato cavaliere della corona d'Italia.
Nel 1903 sulle scene del Massimo di Palermo si dava una commedia lirica di lui in tre atti: Barberina (Ed. Ricordi). Poco dopo il Marinuzzi si dedicò alla direzione orchestrale, pur avendo come miraggio la composizione. Debuttò al Massimo di Catania; indi fu in tournée (12 teatri in 40 giorni) con Hariclée Darclée. Andò poi a Mantova per due anni di seguito indi al Massimo di Palermo dove pose in iscena per la prima volta il Tristano, riuscendo a farsi riconfermare per due anni. Partecipò alla stagione d'autunno del Dal Verme di Milano. Al real teatro di Madrid diresse per tre anni tutto il grande repertorio antico e moderno. Inviato dalla Casa Ricordi e scritturato dal Carrè fu per ben tre volte riconfermato all'Opéra Comique di Parigi per le opere italiane ed è stato l'unico direttore italiano che sia stato scritturato ufficialmente per un teatro sovvenzionato di Parigi. L'anno scorso prese parte in America alla grande tournée della Teatral; ed è stato, in seguito al successo, riconfermato per altri due anni.
Durante questa carriera il Marinuzzi, ha composto e pubblicato, oltre a piccoli lavori come romanze, ecc. un Andantino all'antica per archi, flauto ed arpa (Ricordi), un poema sinfonico Dopo la vittoria (Fantuzzi), una Suite su temi siciliani ed infine un poema su temi popolari di Sicilia Sicania, questi ultimi editi dal Ricordi. Il Marinuzzi è anche cavaliere di SS. Maurizio e Lazzaro e Commendatore del merito militare di Spagna.
Lavora attualmente ad un'opera in tre atti di soggetto passionale e d'ambiente storico, che verrà rappresentata nel 1914.
Nella presente stagione si produrrà all'Augusteum di Roma.
Annuario dei musicisti. Manuale dei cultori e degli amatori
Casa Editrice “Musica”, Roma, a. I, 1913
MARINUZZI GINO. - Nacque a Palermo nel 1882 e studiò in quel Conservatorio col maestro Zuelli. Iniziata giovanissimo la carriera del direttore d'orchestra, la percorse nelle sue fasi più brillanti, sia in teatro, sia nei concerti.
Nominato nel 1915 direttore del Liceo Musicale di Bologna, si dimise da tale carica nel 1919, per riprendere l'attività che più si confaceva alla sua natura artistica.
Come compositore il Marinuzzi ha scritto per il teatro le opere Barberina (Palermo, 1903), Jacquerie, (Buenos Aires, 1918), Palla De' Mozzi (rappresentata alla Scala nell'aprile 1932).
La sua produzione sinfonica consta di:
SUITE SICILIANA, eseguita la prima volta a Palermo nel 1909 sotto la direzione dell'Autore.
Composta delle seguenti parti, inspirate alla vita popolare siciliana: Leggenda di Natale, Canzone dell'emigrante, Valzer campestre, Festa popolare.
SICANIA, poema sinfonico. Prima esecuzione all' Augusteo, 1913. Direttore: Marinuzzi.
È costruito su temi popolari siciliani.
ELEGIA IN MORTE D'UN EROE. Prima esecuzione: Chicago. Direttore: Marinuzzi.
Tutte e tre le partiture, come anche quelle delle trascrizioni di un Andante di Geminiani, per archi, arpa e organo, e del Decimo Concerto di Locatelli per archi e pianoforte, dello stesso autore, sono in edizione Ricordi.
Giulio Cesare Paribeni
Sinfonisti italiani d'oggi. Guida per i radio-amatori dei concerti
Musica sinfonica, da camera e varia n. 6-8
Milano, ERTA - Edizioni Radio Teatrali Artistiche, 1932
Giovanni Marinuzzi detto Gino (Palermo, 24.III.1882 – Milano, 17.VIII.1945). Ottenuto a soli 18 anni il diploma di composizione a Palermo sotto la guida di Guglielmo Zuelli (1859-1941), debuttò nel 1901 come direttore al Teatro Massimo di Catania ed intraprese una carriera che lo portò a dirigere nei maggiori teatri e sale da concerto del mondo.
Marinuzzi ebbe il merito di diffondere all’estero le musiche dei compositori italiani a lui contemporanei, di far apprezzare Wagner e Strauss dedicandosi con passione al sinfonismo. Nel 1915 subentrò a Ferruccio Busoni come direttore del Conservatorio di Bologna, carica cui rinunciò nel 1918 optando per la carriera internazionale.
Dal 1920 al 1922 fu direttore artistico della Chicago Opera Association succedendo a Cleofonte Campanini, dal 1928 al 1934 del Teatro dell’Opera di Roma, dal 1934 divenne direttore stabile del Teatro alla Scala e sovrintendente dal 1944 al 1945.
Compose le opere Barberina, Jacquerie, Palla de’ Mozzi, oltre a lavori sinfonici e da camera. Fu Accademico di Santa Cecilia. Bibliografia: Lia Pierotti Cei, Il signore del golfo mistico, Firenze, Sansoni Editore, 1982, 446 pp; Lombardi editori, Siracusa 20052.
Claudio Paradiso, Andrea Pomettini, Daria Grillo
Arrigo Tassinari ovvero i fasti del primo Novecento musicale italiano, con CD audio
Perugia, Edizioni Anteo, 2009
Cinquant'anni di carriera
Celebrato fra i più grandi concertatori della prima metà del '900 e legato a Bologna da un intenso triennio come direttore del Liceo Musicale oltre che da memorabili serate sul podio del Teatro Comunale, Gino Marinuzzi fu in realtà anche un compositore di rilievo come ha confermato negli ultimi anni l'interesse suscitato dalle riprese di alcune sue opere teatrali e sinfoniche. Nato a Palermo il 24 marzo 1882 e battezzato Giovanni, era figlio di un avvocato e senatore del regno che da grande appassionato d'opera seppe incoraggiare le sue inclinazioni musicali. Iscritto a soli sette anni all'Istituto del Buon Pastore, il futuro Conservatorio "Vincenzo Bellini”, vi studiò pianoforte e composizione con il suo direttore Guglielmo Zuelli. Fu un allievo dotato e precocissimo: al 1891 risalgono le prime composizioni e al 1894 il debutto sul podio per dirigere la propria Cantata per coro e banda con la quale aveva vinto un concorso di canti siciliani. Nell’aprile 1896, in occasione della trionfale Bohème diretta a Palermo da Leopoldo Mugnone, poté conoscere Puccini che tanta parte avrebbe avuto nella sua carriera di direttore. Si diplomò brillantemente nel 1900 e compose la Messa di Requiem per un sovrano alla memoria di Umberto I che fu eseguita sotto la direzione di Zuelli nel Pantheon cittadino e gli valse il conferimento della Croce di Cavaliere d'Italia.
Nell'aprile del 1901, chiamato all'ultimo momento per sostituire un direttore protestato dall'orchestra, esordì con Rigoletto al Teatro Massimo da poco inaugurato. In estate vi tornò per dirigere alcune proprie pagine sinfoniche e nel maggio del 1903 la commedia lirica Barberina su un libretto di Filippo Niccolò Mancuso tratto da de Musset, la sua prima opera teatrale accolta da grande successo e pubblicata da Ricordi. Nel viaggio di ritorno da Milano, dove si era recato per contattare editori e agenti, durante una sosta a Napoli cominciò a progettare la sua seconda opera, L'agnelletto su testo di Alberto Donaudy, che sarebbe stata completata solo quindici anni dopo e rappresentata con il nuovo titolo di Jacquerie. Fece ritorno al Massimo nel 1904 con la novità di Luigi Costantini Nel Sempione e l'anno dopo debuttò a Catania con Poliuto di Donizetti intraprendendo poi una tournée di quaranta giorni con il celebre soprano rumeno Hariclea Darclée che lo aveva scelto per dirigere il Don Pasquale in ben 14 città italiane. Negli anni seguenti, dopo aver rifiutato l'offerta del Teatro Colón di Buenos Aires che lo voleva come sostituto di Toscanini, si presentò in molti teatri minori e finalmente nel 1908, su invito di Albert Carré, debuttò all'estero dirigendo con grande successo all'Opéra Comique opere di Mascagni e Puccini. A Parigi, durante una breve parentesi di riposo, sposò Anna Sofia Amoroso che aveva conosciuto cinque anni prima a Palermo e avrebbe in seguito rinunciato a una promettente carriera di pianista per dedicarsi al marito e ai quattro figli. Scritturato dal Massimo per due stagioni vi propose varie opere di repertorio, prime assolute come Venezia di Riccardo Storti e novità per Palermo come Thaïs di Massenet, Hänsel e Gretel di Humperdinck e Tristano e Isotta di Wagner, che sarebbe diventato uno dei suoi cavalli di battaglia. Tornò più volte a Parigi, dove strinse amicizia con Caruso e con Giordano, diresse Tosca al Dal Verme di Milano e su consiglio del suo editore Tito Ricordi debuttò nel 1911 al Teatro Real di Madrid con Rigoletto lavorando nel contempo a nuove composizioni. Fu l'impresario Walter Mocchi, nel marzo del 1912, a suggerirgli di estendere la carriera in Sud America invitandolo a collaborare con la propria compagnia Teatral. Diresse varie opere al Coliseo di Buenos Aires, fra le quali in prima americana Conchita di Zandonai, in diretta concorrenza con Toscanini che nello stesso periodo dirigeva la stagione al Colón, e proseguì poi la trionfale tournée in Uruguay, Cile e Brasile. Un'esperienza destinata a ripetersi ogni anno con poche interruzioni fino al 1933 che si estese anche agli Stati Uniti si associò ad occasioni importanti come le celebrazioni wagneriane del centenario, le prime nordamericane del Parsifal e della Rondine, le prime sudamericane del Cavaliere della rosa di Strauss, del Trittico di Puccini, di Maria Egiziaca di Respighi, del Fidelio di Beethoven e di Francesca da Rimini di Zandonai e il 10 agosto 1918 al Colón la prima assoluta di Jacquerie, poi riproposta con successo a Chicago e in Italia.
Al rientro dalla prima tournée americana, il 26 ottobre 1912 debuttò al Teatro Comunale di Bologna con un memorabile Tristano, seguito in novembre dal Don Carlo di Verdi. Una lettera ai familiari, oltre a riferire dei successi ottenuti, già accennava a una possibile candidatura a direttore del Liceo Musicale. Nominato Accademico Filarmonico, nel marzo del 1913 propose all'Augusteo romano la prima esecuzione della propria rapsodia su temi popolari siciliani Sicania, nel novembre del 1914 finalmente debuttò al Teatro alla Scala e nell'arco di due stagioni vi diresse varie produzioni di rilievo quali L'oro del Reno wagneriano, in prima assoluta Notte di leggenda di Franchetti e Fedra di Pizzetti e in prima italiana Il principe Igor di Borodin e Le Beatitudini di Franck. Frattanto a Bologna si era resa vacante la carica di direttore del Liceo Musicale essendo ormai chiara la rinuncia di Ferruccio Busoni al termine dell'anno di prova che lo aveva impegnato dal maggio del 1913. Marinuzzi già da tempo figurava nella rosa dei candidati insieme a Mascagni, Panizza, Giordano, Zandonai e Wolf-Ferrari e la sua nomina, proposta ufficialmente dall'assessore Mario Longhena nel consiglio del 26 febbraio 1916, fu approvata all'unanimità. All'apice della carriera e ormai richiesto dai maggiori teatri, dopo non poche comprensibili esitazioni accettò e per tre anni si dedicò ad assolvere il compito insieme all'amico Franco Alfano, da quello stesso anno insegnante di composizione, suo sostituto durante le molte assenze e dal luglio 1919 suo successore. In un'intervista pubblicata il 2 marzo nella cronaca cittadina del «Resto del Carlino» illustrò gli intenti del suo nuovo incarico, l'impegno per uno svecchiamento dei programmi di studio, la promozione di produzioni musicali all'interno del Liceo e in varie istituzioni cittadine, soprattutto il recupero in sede esecutiva, anche attraverso proprie trascrizioni, di musiche del passato provenienti dalla ricchissima biblioteca curata da Francesco Vatielli. Progetti che solo in parte si poterono realizzare per le ristrettezze del tempo di guerra e le frequenti assenze dovute ad importanti parentesi sul podio. Fra i vari concerti bolognesi si ricordano in particolare quello di beneficenza del 1916 durante il quale diresse il III atto della Manon di Massenet, il II della Traviata e il III di Un ballo in maschera, nel 1917 una trionfale Butterfly parigina con Rosina Storchio e il 27 marzo dello stesso anno a Montecarlo la prima assoluta della Rondine di Puccini con Gilda Dalla Rizza e Tito Schipa, oltre alle consuete faticose tournées americane.
Costretto dagli impegni sempre più pressanti a rassegnare le dimissioni dal Liceo di Bologna, dal 1918 diresse assiduamente al Costanzi di Roma, fra l'altro Don Carlo di Verdi, la propria Jacquerie, L'amore dei tre re di Montemezzi, Pélleas et Mélisande di Debussy e l'11 gennaio 1919 la prima europea del Trittico di Puccini, mentre nel 1920 accettò la direzione dell’Opera di Chicago, abbandonando però l’incarico già nel marzo dell'anno dopo in seguito al clamoroso litigio scoppiato fra le cantanti Mary Garden e Ganna Walska, moglie di un ricco finanziatore del teatro, che si contendevano il ruolo della protagonista in Zazà di Leoncavallo. Nel 1927 diresse la prima a Bologna di Turandot di Puccini e l'anno dopo fu nominato direttore del Teatro Reale dell’Opera di Roma, dove tra l’altro propose Nerone di Boito e il nuovo Dafni di Mulè, la burrascosa prima romana di Sette canzoni di Malipiero (1929), le prime assolute dello Straniero di Pizzetti (1930) e della Vedova scaltra di Wolf-Ferrari (1931), le prime italiane della Donna senz'ombra di Strauss (1938) e della La favola del figlio cambiato di Malipiero su testo di Pirandello (1934), accolta da tali proteste che Mussolini in persona ne vietò le repliche.
Completata la sua terza opera Palla de’ Mozzi su libretto di Giovacchino Forzano, originariamente intitolata Le bande nere, la presentò con successo il 5 aprile 1932 alla Scala e la riprese in varie città, mentre dal 1935, dopo aver rifiutato la direzione del Metropolitan di New York, si legò per un decennio alla Scala pur continuando a dirigere nei maggiori teatri italiani ed europei. Il 14 novembre 1935 a Bologna per la riapertura del Comunale dopo l'incendio che quattro anni prima ne aveva distrutto il palcoscenico diresse un'indimenticabile Norma con Gina Cigna, Ebe Stignani, Giovanni Voyer e Tancredi Pasero. A Milano riesumò l’Orfeo di Monteverdi nella versione di Respighi, L'impresario in angustie di Cimarosa, Le due giornate di Cherubini e Il barbiere di Siviglia di Paisiello ma propose anche le prime assolute del Campiello di Wolf-Ferrari e di Lucrezia di Respighi, varie novità per l'Italia tra le quali La donna silenziosa e Dafne di Strauss, del quale riprese anche La donna senz’ombra, e nel 1942 la cantata Carmina Burana di Carl Orff, in un'esecuzione in forma scenica molto apprezzata dall'autore che lo ringraziò scrivendogli: "È un raro caso di fortuna nella vita di un compositore di poter vedere una interpretazione che rappresenta veramente il pieno adempimento delle sue intenzioni!.
Nel 1941 a Firenze diresse per l'ultima volta il Tristano, in lingua originale e con artisti tedeschi, in quella che è stata ricordata come la più straordinaria delle sue tante esecuzioni wagneriane e tre anni dopo a Milano si alternò con Antonio Guarnieri e Antonino Votto nelle commemorazioni del XX anniversario della morte di Puccini. Nominato nel 1945 sovrintendente della Scala, essendo ormai il teatro reso inagibile dai bombardamenti, ne diresse i complessi a Como e Bergamo. In aprile, al Lirico di Milano, salì per l'ultima volta sul podio per un Don Giovanni a coronamento del progetto mozartiano già avviato anni prima con Così fan tutte (1941) e Le nozze di Figaro (1944). Tre mesi dopo fu colpito da una crisi epatica mentre si trovava in vacanza a Bratto sulle prealpi varesine e il 17 agosto morì a Milano.
Interprete e compositore
A illustrare la personalità interpretativa di Marinuzzi e a distinguerlo dagli altri grandi direttori della sua generazione provvedono le recensioni entusiastiche dei giornali del tempo e gli attestati di ammirazione di tanti musicisti, da Puccini a Strauss, da Pizzetti a Malipiero, ma soprattutto le scelte dei programmi, originali e spesso coraggiose. Non diversamente dai colleghi italiani dell'epoca le incentrò prevalentemente sul teatro d'opera dedicandosi con passione al repertorio consolidato ma non disdegnando la musica del proprio tempo, pur sempre solo nell'ambito degli orizzonti tonali, e le sorprendenti riesumazioni di titoli del passato. Fu grande interprete del melodramma romantico e del repertorio francese come dei capolavori di Verdi e Wagner, ma anche infaticabile apostolo dei contemporanei italiani dirigendo importanti prime assolute di Puccini, Franchetti, Mulè, Alfano, Respighi, Pizzetti, Malipiero, Wolf-Ferrari. Attratto dal repertorio russo diresse Boris Godunov di Musorgskij, Il principe Igor di Borodin, Lo zar Saltan e Sadko di Rimskij-Korsakov e Le rossignol di Stravinskij. Un'insaziabile curiosità lo immunizzò dai pregiudizi correnti nei confronti degli aspetti meno noti dell'Ottocento italiano spingendolo a sottrarre dall'oblio opere da tempo ineseguite come La battaglia di Legnano, Macbeth e Simon Boccanegra di Verdi e fin dagli esordi si impegnò strenuamente per il ritorno sulle scene di opere dimenticate di Bellini e Donizetti. Del primo diresse i capolavori popolari ma anche Beatrice di Tenda, I Capuleti e i Montecchi e La straniera e del secondo, verso il quale mostrò sempre una spiccata predilezione, recuperò al Maggio Musicale Fiorentino Lucrezia Borgia nel centenario della prima rappresentazione e alla Scala Linda di Chamounix con Toti Dal Monte e Poliuto con Beniamino Gigli.
"Detesto il vecchio ma adoro l'antico" si legge in un suo manoscritto non datato, forse destinato a un articolo o a una conferenza, che è stato riprodotto nella biografia scritta dalla figlia Lia. Un amore per il grande passato musicale italiano, comune agli altri maestri della generazione dell'Ottanta, che negli anni bolognesi gli aveva valso il soprannome di Laudator temporis acti. Appassionato bibliofilo, colto e raffinato, come dimostrano anche le lettere e certi scritti occasionali, contribuì con il suo prestigio di direttore e in alcuni casi come trascrittore e revisore, a riportare in vita pagine di Locatelli, Geminiani, Leo, Scarlatti, Sacchini, Salieri. Oltre all'Orfeo di Monteverdi proposto alla Scala, diresse al Maggio fiorentino L’incoronazione di Poppea nella revisione di Giacomo Benvenuti e avviò il risveglio di interesse per il teatro di Paisiello, Cimarosa e Cherubini in esecuzioni per l'epoca provviste di inconsueti scrupoli stilistici che nel caso di opere del Settecento spesso lo vedevano concertare dal cembalo e accompagnare personalmente i recitativi. Come direttore di concerti, soprattutto nelle tournée internazionali con le orchestre del Maggio e della Scala, fu ammirato interprete di Beethoven, Weber, Schumann e Brahms ma è ricordato anche per squisite esecuzioni di Debussy, Bloch, Honegger e una Infanzia di Cristo di Berlioz che nel 1938 fece scrivere all'immaginifico Bruno Barilli: "Marinuzzi strappa le anime ai mausolei e le rapisce in volo sul tappeto magico".
Più arduo tracciare un profilo dell'interprete attraverso la scarsa discografia disponibile. Varie matrici delle sue registrazioni realizzate con la Scala dalla Telefunken andarono distrutte durante i bombardamenti della seconda guerra mondiale su un treno che le portava in Germania. Quanto sopravvive basta a testimoniare un formidabile talento tecnico, peraltro lontano dall'inflessibile stringatezza toscaniniana, capace di coniugare eleganza e passione, sempre teso ad esaltare la calda comunicativa del flusso melodico. Da Toscanini, che pure ammirava incondizionatamente, lo dividevano anche il carattere mite e gli atteggiamenti di ferma gentilezza tenuti durante le prove. Collaborò e strinse amicizia con i maggiori cantanti dell’epoca e Giacomo Lauri Volpi, nell'autobiografia L'Equivoco (Milano, Corbaccio, 1938; rist. Bologna, Bongiovanni, 1979), ha ricordato "l'esperienza psicologica e l'acume tecnico di chi allo strumento della voce umana ha dedicato le attenzioni che i direttori sogliono concedere solo agli strumenti dell'orchestra".
Per tutta la vita Marinuzzi si sforzò faticosamente di conciliare la gravosa carriera di direttore con un'attività di compositore che peraltro, in modo non diverso da Strauss, progrediva col passare degli anni arricchendosi proprio dell'esperienza maturata sul podio. La sua musica, solo superficialmente inscrivibile negli stessi orizzonti degli altri e più noti musicisti italiani della generazione dell'Ottanta, che tanto contribuì a difendere come direttore, attende tuttora una giusta collocazione. Dopo i felici debutti sulle scene, le sue tre opere teatrali e soprattutto le due più mature furono riprese più volte fino alla fine della guerra per poi scomparire rapidamente dal repertorio. Sorte analoga toccò alle pagine pianistiche, sinfoniche e da camera che pur in buona parte erano state date alle stampe da vari editori italiani, Ricordi in testa. Solo negli ultimi trent'anni, superati i pregiudizi estetici nei confronti di gran parte della musica italiana del tempo e rimosse le censure di orientamento politico verso quei musicisti che durante il Fascismo avevano ricoperto cariche importanti e collaborato a celebrazioni ufficiali, si è potuto riscontrare un risveglio di interesse anche per il Marinuzzi compositore, peraltro tuttora escluso dalle programmazioni dei maggiori teatri.
La ripresa nel 1994 al Bellini di Catania di Jacquerie, negletta durante il Ventennio per lo scomodo soggetto imperniato su una rivolta di contadini nella Francia trecentesca, in seguito andata perduta e ricostruita dal figlio Gino Marinuzzi jr. (1920-1996), ha rivelato un'opera dal ritmo teatrale serrato e dai forti contrasti drammatici, in parte riconducibile al tardo verismo ma con alcuni indiscutibili spunti di moderna originalità. Ancor più vitale si è dimostrata la partitura di Palla de' Mozzi, ineseguita dal 1942 fino alla recente riproposta nel gennaio 2020 al Lirico di Cagliari, nell'accordare una solida struttura melodrammatica a complesse arditezze ritmiche e armoniche e a una fastosa veste strumentale, non esente da suggestioni straussiane, che brilla particolarmente nei suggestivi interludi sinfonici. Pagine per orchestra come la Suite siciliana (1908), dal cui Valzer campestre Fabrizio De André trasse la canzone Valzer per un amore, e la più elaborata Rapsodia Sicania (1910) mostrano lo spiccato interesse di Marinuzzi per la ricreazione in chiave moderna di materiale popolare della sua terra in un'abile scrittura fra colte reminiscenze e singolari premonizioni. Il suo ultimo e più complesso lavoro sinfonico è la Sinfonia in La ultimata nel 1943 in un rifugio antiaereo a Milano e presentata in prima esecuzione il 18 marzo di quell'anno dallo stesso Marinuzzi al Teatro Comunale di Firenze. Suddivisa in tre parti, Apertura, Georgica, Ditirambo e Finale, presenta un lavoro incessante di sviluppo tematico e di elaborazione contrappuntistica coniugando un amore tutto mediterraneo per la classicità con la piena consapevolezza dei linguaggi europei contemporanei. Paolo Isotta, nell'accostarla a lavori di Schönberg, Enescu, Szymanowski, si è addirittura spinto a giudicarla una delle somme composizioni sinfoniche del Novecento e di certo resta l'attestato più probante della sua notevole statura di compositore.
Riferimenti
Oltre alle opere citate, a varie canzonette, cantate, romanze, pezzi per pianoforte e riduzioni a quattro mani di propri lavori, le ricordate revisioni e trascrizioni di musiche del passato, nel catalogo di Marinuzzi compositore spiccano Dopo la vittoria, impressione sinfonica per orchestra (1901), calorosamente lodata da Puccini in una lettera al padre del giovane compositore, Elegia, poemetto sinfonico per orchestra (1918), Preludio e Preghiera (In Filii Memoriam) per soprano e orchestra (1934) composto per la morte del figlio primogenito Antonio (affermato regista stroncato a soli 23 anni da una polmonite), Due quadri lirici su poesie di Ugo Betti per baritono e orchestra (1938) e il balletto Le avventure di Pinocchio, episodi danzanti dal romanzo di Collodi, composto in collaborazione con Gino jr. e da questi completato dopo la morte del padre, che fu rappresentato all'Opera di Roma il 22 maggio 1956 con la direzione di Oliviero De Fabritiis e la coreografia di Aurel M. Milloss.
Come si è detto delle incisioni realizzate da Marinuzzi poche sono oggi ascoltabili in disco. Fondamentale resta La forza del destino registrata per la Cetra nel 1941 con i complessi dell'EIAR a Torino, che fu in assoluto la prima edizione completa nella discografia dell'opera verdiana e resta tuttora una delle migliori anche per il rilievo di una compagnia con alcune delle voci più celebrate dell'epoca, Maria Caniglia, Galliano Masini, Carlo Tagliabue, Ebe Stignani, Tancredi Pasero e Saturno Meletti. Una pubblicazione Preiser raccoglie incisioni realizzate alla Scala fra il 1936 e il 1942 di pagine per orchestra da Il barbiere di Siviglia, La gazza ladra e L´assedio di Corinto di Rossini, Norma di Bellini, I vespri siciliani di Verdi, Manon Lescaut di Puccini, Cavalleria rusticana e Le maschere di Mascagni, Siberia di Giordano, Fedra di Pizzetti, Il campiello di Wolf-Ferrari e il proprio Rito nuziale dalle Musiche per i trionfi Sforza-Savoia composte nel 1937 per accompagnare nel Castello Sforzesco di Milano un carosello storico celebrativo della nascita del principe Vittorio Emanuele di Savoia.
Fra le testimonianze sonore maggiormente indicative dell'arte di Marinuzzi non si possono comunque dimenticare l'ouverture dal Manfred di Schumann registrata con l'Orchestra del Maggio Fiorentino e alcuni preziosi frammenti dell'esecuzione della Donna senz'ombra di Strauss diretta alla Scala nel 1940 con Iva Pacetti e Benvenuto Franci. Registrati fortunosamente da un ascoltatore alla radio furono recuperati in una pubblicazione della Banca Lombarda nel 1994 all'interno della collana «Grandi maestri alla Scala» e in parte riprodotti in un compact disc Preiser.
All'interno della più recente discografia dedicata alle opere di Marinuzzi si segnalano la registrazione Nuova Era della ripresa di Jacquerie a Catania nel maggio del 1994, con la direzione di Andrea Licata e interpreti Ilaria Galgani Miro Solman, Antonio Salvadori, Martine Surais, Giancarlo Tosi, un CD Dynamic pubblicato nel 2002 comprendente Sicania, la Sinfonia in La e Preludio e Preghiera con il soprano Adela Golac-Rilović e l'Orchestra Sinfonica della Radio e Televisione Croata diretta da Nikša Bareza e un CD Decca del 2017 che accosta la Suite siciliana alla Sinfonia in La con l'Orchestra Sinfonica di Milano «Giuseppe Verdi» diretta da Giuseppe Grazioli.
Quanto alla bibliografia, dopo il volumetto di Antonio Garbelotto Gino Marinuzzi (Ancona, Bèrben, 1965), una biografia ben più ampia e documentata è stata scritta dalla figlia del direttore Lia Pierotti Cei, Il signore del golfo mistico. Gino Marinuzzi, un artista e un uomo dall’Italia umbertina alla caduta del fascismo (Firenze, Sansoni, 1982; rist. Siracusa, Lombardi, 2005). Un'ampia scelte di lettere, oltre 700 fra il 1902 e il 1945, è stata raccolta in un volume curato dalla Pierotti Cei con Giorgio e Valeria Gualerzi, Gino Marinuzzi: tema con variazioni: epistolario artistico di un grande direttore d'orchestra, che include un'introduzione di Gianandrea Gavazzeni (Milano, Mondadori, 1995). Si segnalano inoltre il programma di sala Ricordo di un compositore: Gino Marinuzzi (Milano, Biblioteca di Via Senato, 8.X.2003) con saggi di Isotta, Muti e Gavazzeni, e sull'impegno di Marinuzzi nei confronti del recupero di opere dimenticate del primo Ottocento il saggio M. al «Maggio» di Leonardo Pinzauti sulla NRMI (XVI, 1982/1, pp. 32-39) e quello di Gianandrea Gavazzeni Anticipazioni della Donizetti Renaissance nella prima metà del nostro secolo, in L’opera teatrale di Gaetano Donizetti (Atti del convegno internazionale 1992, a cura di Francesco Bellotto, Bergamo, Comune, 1993, pp. 35-41). Infine Paolo Isotta, fra i primi a indagarla, alla produzione musicale ha dedicato molti scritti fra articoli su quotidiani, riviste, programmi di sala e libri, particolarmente nell'ampia sezione di Altri canti di Marte (Milano, Marsilio, 2015).
Giuseppe Rossi
Marinuzzi, l'umanista gentile
in Jadranka Bentini e Piero Mioli (a cura di)
Maestri di Musica al Martini. I musicisti del Novecento che hanno fatto la storia di Bologna e del suo Conservatorio
Bologna, Conservatorio «Giovan Battista Martini», 2021