Francesco Gamberini (Bologna, 8.VIII.1881 - Napoli, 24.XI.1972).

A scuola di contrabbasso
Il 18 marzo 1896 muore Eustachio Pinetti, professore di contrabbasso al Liceo Musicale di Bologna, e la cattedra viene subito ricoperta da Ugo Marchetti (che la conserverà a lungo). Da qualche settimana aveva fatto domanda di iscrizione a quella classe il quasi quindicenne Francesco Gamberini, che vi sarebbe stato ammesso e l'avrebbe frequentata con successo per sette anni. Il ragazzo era nato a Bologna l'8 agosto 1881, da Bernardino e Angela Berti. La madre morì, lasciando tre figli (anche Maria Francesca e Giuseppina Teresa) e il marito si sposò nuovamente con Elisa Spadini. Bernardino, che era musicista e più tardi, dal 1907 al 1916, avrebbe insegnato teoria musicale al Liceo, impartì i rudimenti della musica al figlio, che nel gennaio del 1896 sostenne l'esame di ammissione all'istituto comunale (diretto allora da un compositore della fama di Giuseppe Martucci): fu accolto al primo anno, o meglio al primo trimestre di un anno di prova solo ben meritando del quale avrebbe potuto essere confermato. Con il voto di 30/50 superò lo sbarramento e proseguì, per affrontare con regolarità e successo gli esami dovuti alle materie complementari e i “passaggi” della materia principale (fra i compagni di corso c'era Respighi, maggiore di appena due anni e presto fraterno amico). Nell'autunno del '97 e nell'inverno-primavera del '98 fu chiamato alle armi per oltre due mesi: era il periodo del rincaro del prezzo del pane e delle conseguenti sollevazioni popolari, e probabilmente l'esercito doveva tenersi pronto (di fatto nel maggio l'anziano generale Bava Beccaris, a Milano, sparò sulla folla che protestava clamorosamente, a seguito dello stato d'assedio proclamato dal governo Di Rudinì). Per queste assenze, forse, Francesco chiese e ottenne di ripetere un anno, così portando a sette anni il normale corso di sei anni. Con il voto di 50/50 si diplomò l'8 giugno 1902 eseguendo un'elegia di Giovanni Bottesini, uno studio della raccolta di Luigi Negri, un pezzo a prima vista proposto dalla commissione (era il periodo che vedeva Martucci passare alla direzione del Conservatorio di Napoli e Bossi assumere quella del Liceo di Bologna). Così preparato, e armato di ulteriori studi di armonia con il padre e giovane Arrigo Pedrollo, poté superare anche l'esame dell'Accademia Filarmonica di Bologna e diplomarsi una seconda volta (ancora prestigioso, il titolo non era comunque di carattere pubblico-istituzionale).
A ventun'anni compiuti (stesso giorno di nascita e di diploma), per Francesco era giunto il momento di mettere a frutto gli studi, lavorando nel mondo del concertismo oppure della scuola oppure di entrambi. Si dedicò a entrambi, a suonare fin da subito e a insegnare con i tempi arcinoti della burocrazia. Negli istituti dove il posto di docente di contrabbasso era libero, fece domanda e si piazzò bene: secondo a Firenze e primo a Venezia, fu primo anche a Napoli, dove il “S. Pietro a Majella” era Conservatorio statale da lunga data e grande valore. Era il 25 marzo 1913 quando vi prese posto ufficialmente, per restavi una quarantina d'anni, e l'11 settembre del 1914 quando prese casa a Napoli. Con Bologna mantenne contatti, evidentemente con la famiglia (che aveva abitato in via Fondazza e piazza Aldrovandi, e risulta aver abitato in via S. Stefano nel 1924 almeno).
Al Conservatorio di Napoli non tutto andò liscio per diversi anni, però, e per ragioni nient'affatto musicali. La nomina che Vittorio Emanuele III aveva “decretato” lo stesso 1913 rientrò, perché il concorso vinto da Gamberini venne annullato per vizio di forma e l'insediamento definitivo ebbe luogo soltanto molti anni dopo, a guerra finita e a nuovo concorso espletato e vinto (lo stipendio annuo stabilito nel '13, lire 2.500, divenne 4.600 nel '21). Le numerose richieste, lagnanze, sollecitazioni di Gamberini in persona erano state appoggiate da dimostrazioni di fiducia da parte dei colleghi e del direttore di Napoli: direttore era l'insigne e austero operista Francesco Cilea, fra i colleghi spiccavano Camillo De Nardis professore di composizione, Florestano Rossomandi di pianoforte, Fernando De Lucia di canto, Antonio Savasta di composizione. “Fortunose vicende” erano dette le sue traversie, brillanti le sue esibizioni, rettissima la sua vita, e il concorrente vincitore “ex aequo” si era tolto di torno perché ormai titolare a Parma (si chiamava Luigi Ratiglia e per i paladini di Gamberini era certo “inferiore”). E quando, alla buon'ora, prestò giuramento “al Re e ai suoi Reali Successori”, assicurò di saper condurre una condotta degna dell'impegno, di non volersi mai iscrivere ad associazioni o a partiti inconciliabili con l'incarico, di tendere sempre e solo al “bene inseparabile del Re e della Patria”. Era il 21 gennaio 1925: Gamberini aveva 44 anni e bazzicava con le carte bollate da 12-13. La rivincita se la prese, in Conservatorio, restandovi fino dopo il compimento del 70° anno di vita, l'8 agosto del 1951. Per diversi anni insegnò anche in due scuole napoletane per ciechi: all'Istituto “Principe”e all'Ospizio dei “Ss. Giuseppe e Lucia”. Noto per essere assiduo alle lezioni, come si suol dire il primo ad arrivare e l'ultimo ad andarsene, era particolarmente benefico con gli studenti, che a volte, se bisognosi, ospitava a casa sua e si portava a pranzo. Vero signore, ricordano che entrando in Conservatorio salutava il portiere togliendosi il cappello: altri tempi invero, altra educazione, altra forma di umanità e, perché no? di musicalità.
Didatticamente Gamberini si espresse anche fuori dalle aule di Majella: fece parte di commissioni per i concorsi a cattedra; di “ispezioni” alla didattica di colleghi; delle celebrazioni stradivariane a Cremona (nel 1937, avendone chiesto il permesso al nuovo direttore Adriano Lualdi “con ogni ossequio e saluti fascisti”); di una singolare Commissione per l'Autarchia della Musica sorta nel 1941 o poco prima ma poi vanificata dagli eventi. Sarà fantasia immaginare che tutto questo fosse, almeno in parte, buona eredità della scuola bolognese? Sposato con Caterina Franceschetti nel 1913 (rito civile) e nel 1951 (rito religioso) e senza figli, Gamberini è morto a Napoli il 24 novembre 1972.
Scale, salti e studi
Se la carriera didattica di Gamberini ebbe i suoi intoppi, quella artistica andò subito a gonfie vele. Strumentista d'orchestra e solista, Francesco suonò in Italia e all'estero nella piena approvazione dei massimi compositori, concertatori e direttori d'allora: Guido Alberto Fano, Rodolfo Ferrari, Vittorio Gui, Pietro Mascagni, Edoardo Mascheroni, Bernardino Molinari, Leopoldo Mugnone, Giuseppe Mulè, Edoardo Vitale, Riccardo Zandonai lo ebbero caro e lo impiegarono largamente. Si ha notizia di sue presenze, oltre che a Napoli, a Cremona, nelle principali città d'Italia, a Tripoli, nei primi centri di Spagna, Germania e Austria; oltre che in orchestre locali con i Concertisti di Cremona, l'Orchestra da Camera del Conservatorio di Napoli, ovviamente con la grande e capace orchestra del S. Carlo, dove risulta che a un certo punto lui fosse il primo contrabbasso e la fila dei contrabbassi constasse di suoi allievi ed ex-allievi (per esempio i giovani De Santis, De Lucia, Mazzarella, Panniti), Le stagioni? I programmi? Le partiture? Ecco un po' di notizie su opere andate in scena a Napoli durante la permanenza di Gamberini, dal 1913 al 1951. Nel 1917 e nel '19 spopolano i Ballets Russes, diretti nientemeno che da Ansermet e Stravinskij. L'opera galoppa, con il Trittico di Puccini nel 1920, due anni dopo la prima nuovayorkese, e il Parsifal di Wagner nel 1922. Nella stagione 1922-23 il cartellone esibisce 13 titoli di cui sei nuovi per Napoli, a firma di Wagner (Sigfrido), Humperdinck, Zandonai, Westerhout, Alfano e Persico. Nel 1924 canta la Fedra di Pizzetti, nel '25 Il cavaliere della rosa di Strauss, nel '27 la Vestale di Spontini; nel '29 canta a modo suo la regina della danza, Ida Rubinstein. Intanto, nel '27, il Real Teatro di S. Carlo diventa Ente Autonomo. Parecchie le novità del 1930 e del decennio successivo: grandi virtuosi della tastiera e dell'archetto come Rubinstein, Milstein, Horowitz, Heifetz, Ricci, Casals, Francescatti, Gieseking, Backhaus; un nuovo rapporto fra numero di opere e numero di repliche, più numerose le prime e meno numerose le seconde; qualche comparsa di un nuovo tipo di interprete d'opera, il regista (dal francese regisseur), per esempio Marcello Govoni negli anni Quaranta; la concorrenza, si fa per dire, di spettacoli estivi all'aperto, all'Arenaccia nella fattispecie e la sua tradizione di giostre ed appiccechi (ovvero regolamenti di conto a suon di cazzotti e sassate). Pochette le prime locali: per esempio il Liolà che Arturo Rossato trae da Pirandello per la musica di Giuseppe Mulè, nel 1935. Sempre molte, ovvio, le presenze repertoriali di Rossini, Bellini, Donizetti, Verdi e Puccini: al solito, come nel resto d'Italia e nel mondo intero, se il nuovo fatica il vecchio funziona; detto altrimenti, evvivano i classici. E venne la seconda guerra: davvero eroici, i napoletani scatenarono le "quattro giornate" del settembre 1943 contro i tedeschi occupanti; altrettanto musicali, si rassegnarono a tener chiuso il S. Carlo solo nella stagione 1942-43. Il mite Gamberini, intanto, manteneva il suo posto anche a margine: dal 1919 al 1947 fu contrabbasso di fila e poi contrabbasso primo presso l'Associazione-Orchestra “Alessandro Scarlatti” di Napoli. E nel 1940 fu nominato Cavaliere della Corona d'Italia per meriti speciali. Dopo la carriera, un po' di arte.
Suonato da Gamberini, il contrabbasso non sembrava più soltanto quello, acquisendo risonanza anche di violoncello e viola, cioè non sempre dure e scure ma anche morbide, armoniche, canore; e il discorso e lo strumento meritano una breve parentesi. Cordofono composto e ad arco, il più grande e grave della famiglia ha forma simile al violoncello, consta sommariamente di una cassa armonica a fondo piatto, di un manico incastrato e di 4 lunghe corde d'acciaio (a volte 5) accordate per quarte, tese fra i piroli e la cordiera, rette dal ponticello; non supera l'altezza di m. 1,80 ed è suonato con un arco particolarmente corto e robusto. Deriva dalla viola da gamba più bassa o contrabbasso di viola, d'uso medievale e rinascimentale, e nel '600 collaborò con il violone o basso di viola (poi violoncello) alla realizzazione del basso continuo insieme con il cembalo o l'organo. Nel '700 avanzato si rese indispensabile all'orchestra classica accanto al violoncello, entrò in formazioni cameristiche (fino all'ottetto e al nonetto) e assunse funzioni solistiche, maturando la tecnica, acquisendo diversi colpi d'arco, coinvolgendo Boccherini, Haydn, Mozart e man mano tutti i grandi compositori. Nell'800 confermò appieno la sua fortuna sinfonica, cameristica e solistica (quivi con concerti, sonate, parafrasi, fantasie), e soprattutto godette di una parte esattamente scritta in partitura (mentre fino a poco prima doveva leggere la parte del cello ed eseguirla all'ottava bassa); e nel '900 doveva servire anche, e quanto, al jazz.
La principale letteratura del contrabbasso comprende la Serenata KV 239 di Mozart (nel concertino), il Settimino op. 20 di Beethoven, il Quintetto La trota di Schubert fino a opere dall'organico diverso di Saint-Saëns, Reger, Respighi, Stravinskij, Milhaud, Petrassi, Viozzi, Mortari, Henze, Bucchi; e i concerti solistici di Dittersdorf, Bottesini, Dragonetti, Hindemith, Kussevitzky. I maghi del contrabbasso italiano, Giuseppe Andreoli (1757-1830), Domenico Dragonetti (1762-1846), Luigi Anglois (1801-1872, figlio, fratello e nipote di contrabbassisti) e Giovanni Bottesini (1821-1889) avevano svolto un grande lavoro di carattere proprio artistico, facendo sì che lo strumento potesse brillare come solista e in orchestra non rappresentasse più soltanto il necessario registro gravissimo. Del resto dopo l'immancabile Beethoven, un orchestratore come Berlioz, un drammaturgo sinfonico come Wagner, un operista anche sinfonico come Verdi (occorre ricordare i contrabbassi con sordina che scortano l'ingresso di Otello pronto a uccidere?), era già l'epoca di Bruckner, Dvořák, Rimskij-Korsakov, Puccini, Mahler, Strauss, Debussy, e almeno come scrittura le orchestre erano dovunque ricche, fisse, esigenti, ben inquadrate. E mentre altrove operavano il boemo František Simandl (1840-1912), il francese Édouard Nanny (1872-1942) e il russo-americano Serge Kussevitzky (1874-1951), nel secondo '800 l'Italia sfornava Annibale Mengoli (1851-1895), Francesco Angelo Cuneo (1870-1956), Isaia Billé (1874-1961) e appunto Gamberini.
Francesco, che fra l'altro avvertiva molto la concorrenza con Billé (strumentista assai gradito a Toscanini), padroneggiava lo strumento al punto da trascriverne ed eseguirne abilmente diverse opere, lo Scherzo umoristico op. 12 n. 9 di Prokofiev (pezzo pianistico adattato a otto contrabbassi ma anche a quattro fagotti) e il celeberrimo Largo di Händel (nato per un contralto maschile nell'opera Serse); non poteva non avere in repertorio i maggiori pezzi o concerti specifici, come per esempio il Divertimento di Simandl; del Concerto a cinque di Respighi, infine, fu il primo interprete specifico e anche, come dire? l'amichevole ispiratore. Di suo ha composto e dato alle stampe un testo di Scale, salti e studi, un'antologia di trascrizioni per uno e quattro contrabbassi da opere varie, altro per contrabbasso e pianoforte.
Il 20 ottobre 1937 Gamberini scrisse una lettera al direttore Lualdi informandolo dei perfezionamenti che aveva apportato al suo strumento al fine di ottenere più espansione e timbratura, cioè più quantità e qualità di suono: speciali corde d'acciaio levigato (di certo dottor Thomastick); un filo di rame puro incastrato al bordo del ponticello; un secondo piano armonico, dentro la cassa, di vecchio legno d'abete e di forma leggermente convessa; un'“anima” (il cilindretto collegante tavola e fondo della cassa) vuota, anzi svuotata. Oggi pare proprio che questi accorgimenti siano inutili o perfino nocivi: meglio, oggi è possibile raggiungere gli esiti prefissati con tecniche diverse. Ma anche qui contano i “tempi” e a funzionare, nella didattica, sono e furono sempre anche usi, costumi, maniere, tradizioni, repertori, espedienti, convenzioni, perché no? manie personali e assolutamente riferibili a un'epoca. Certo, nella prima metà del '900 italiano, Wagner e Strauss non erano esattamente quelli di Vienna e Berlino; e se le solite orchestre erano, oltre che non stabili, anche mobili e ridotte, figurarsi la musica a scuola o anche la musica a casa. Suonare bene, bisognava, sul momento, su tema dato, da soli o in gruppo, improvvisando di tutto. E chissà se Gamberini abbia conosciuto, studiato, eseguito L'histoire du soldat di Stravinskij, composta nel 1918, o la Grande suite trattane nel '19! Tanto per provare a giustificare le “invenzioni” a voce sola del vecchio maestro bolognese.
Una tesi dagli archivi
All'origine di questo breve percorso sta una tesi di laurea discussa al Conservatorio di Bologna dal contrabbassista Dario Currado, relatore prof. Riccardo Farolfi (correlatore in pectore prof. Piero Mioli), l'anno accademico 2018-19: Francesco Gamberini, contrabbassista da Bologna a Napoli. Il giovane e valente strumentista, che è al corrente del lavoro di sintesi qui effettuato con ogni gratidudine per lui, segnala ricerche fatte negli archivi di Stato e negli archivi dei Conservatori di Bologna e Napoli, presso l'Associazione “Alessandro Scarlatti” di Napoli, all'Archiginnasio di Bologna, Inoltre ringrazia fra gli altri: il suo insegnante; il m.o Lucio Buccarella, intervistato personalmente, che era allievo, amico ed estimatore di Gamberini e ha insegnato Contrabbasso nei Conservatori di Perugia e Roma; e il liutaio di contrabbassi Mario Gallegati. Infine ha consultato questa letteratura secondaria: Claudio Sartori, Il Regio Conservatorio di Musica G. B. Martini di Bologna, Firenze, Le Monnier, 1961; Fiamma Nicolodi, Musica e musicisti nel ventennio fascista, Firenze, Discanto, 1984; Osvaldo Gambassi, L'Accademia Filarmonica di Bologna: fondazioni, statuti e aggregazioni, Firenze, Olschki, 1992; Roberto Spadea (a cura di), Il teatro di San Carlo, Napoli, Electa, 1998; Patrizia Ferrara (a cura di), Censura teatrale e fascismo (1931-1944). La storia, l'archivio, l'inventario, Roma, Ministero per i Beni e le Attività culturali, Istituto poligrafico e Zecca dello Stato, 2004; Orazio Maione, I Conservatori di musica durante il fascismo. La riforma del 1930, storia e documenti, Torino, EDT, 2005; Paolo Cagliano de Azevedo-Elvira Gerardi (a cura di), Reale Accademia d'Italia. Inventario dell'Archivio, Roma, Ministero per i Beni e le Attività culturali, Istituto poligrafico e Zecca dello Stato, 2005; Carlo Delfrati, Storia critica dell'insegnamento della musica in Italia, Tombolini, Studio Digitale, 2017. Ricerche sulla vita di Gamberini ha condotto Luigi Verdi, cui va il dovuto grazie. Anima del recupero della sua figura è la dott.ssa Anna Rita Franco Migliaccio, che ha messo generosamente a disposizione ampio materiale informativo e iconografico.
Nei tempi, hanno scritto sul contrabbasso I. Billé, M. Flechsig, A. Planyavsky, E. Elgar, E. Halfpenny, M. Grodner, F. Zimmermann, G. Brinnen, R. Turetzky, L. B. Fink. In italiano: Salvatore Carlin, Il contrabbasso, Ancona, Bèrben, 1927; Alfredo Trebbi, Il contrabbasso, nuovissimo manuale semiserio, Milano, Curci, 2008; Michael Barry Wolf, Fondamenti di tecnica del contrabbasso, Milano, Volontè & C., 2017.

Piero Mioli
Gamberini a Napoli
in Jadranka Bentini e Piero Mioli (a cura di)
Maestri di Musica al Martini. I musicisti del Novecento che hanno fatto la storia di Bologna e del suo Conservatorio
Bologna, Conservatorio «Giovan Battista Martini», 2021