Antonio Certani

Antonio Certani (Budrio, 17.VIII.1879 - Bologna, 27.VII.1952).
Due vocazioni
Un disegno caricaturale del budriese Augusto Majani, di cui è ignota l’attuale ubicazione, raffigura il concittadino Antonio Certani di Cerreto (Budrio, 1879 - Bologna, 1952) mentre imbraccia archetto e violoncello, il prezioso Magini che lo accompagna in tante istantanee fotografiche. Nel 1900 il maestro si era diplomato in tale strumento al Liceo Musicale di Bologna, a quel tempo diretto da Giovanni Martucci, con il maestro Francesco Serato, iniziatore della scuola violoncellistica bolognese e nello stesso 1900 membro fondatore del Quintetto Mugellini che si esibirà in tutta Europa con la seguente formazione: Bruno Mugellini pianista, Mario Corti e Romualdo Fantuzzi violinisti, Ottorino Respighi violista e Certani violoncellista. Grande virtuoso, nella sua intensa attività concertistica suonò in Italia, Europa (soprattutto Germania e Francia), Stati Uniti ed Egitto, affiancando all’attività di esecutore anche quella di compositore. Come primo violoncello fu apprezzato collaboratore di Toscanini.
Fu presidente della Società Filarmonica di Bologna e del Conservatorio “G. B. Martini” e ricevette la nomina di “accademico onorario” dell’Istituto musicale di Firenze (1914), ma ricoprì anche cariche sociali come presidente dell’Amministrazione Opere Pie e Ospedali.
Data al 1920 una delle sue prime composizioni importanti, la suite Cinque pezzi per violoncello e pianoforte, un viaggio musicale che attraversa preludio, canzona, stravaganza, cantilena e burlesca: una sorta di recupero della “capricciosa” musica barocca dedicata al compagno di studi Arturo Bonucci. Nello stesso anno orchestrava come Adagio con Variazioni per violoncello ed orchestra la raccolta di variazioni a lui dedicata nel 1912 da Respighi, anch’egli suo compagno, e nel gennaio 1923 diede a Monaco la prima del suo Concerto per violoncello e orchestra con la direzione di Rudolf Schwarz. Poco dopo completava l’opera lirica Floriana, azione ritmica in tre atti tratta dalla Seconda cena del Lasca, di cui aveva scritto anche il libretto: fra il ’25 e il ’26 la rappresentò a Treviso, Cesena, al Comunale di Bologna. Nel 1931 compose due Sonate per violino e pianoforte e più tardi, nel 1947. un Improvviso per organo.
Ma già nel 1919 (e forse ancora prima) Antonio Certani aveva intrecciato la sua attività musicale alla vocazione collezionistica, focalizzata sui disegni bolognesi antichi. È di quell’anno l’acquisizione, dalla cospicua raccolta del pittore Giovanni Piancastelli che contava migliaia di disegni, di un fondo di quasi quattrocento fogli di maestri bolognesi ed emiliani del '600-700, forse l’incipit di una collezione via via incrementata nel corso di trent’anni fino a raggiungere la consistenza di oltre cinquemila fogli. Acquisti spesso effettuati durante le sue tournée, secondo quella singolare commistione musica/arti figurative che si concretizzò nelle collezioni di molti musicisti: fra '700-800 con Farinelli e Rossini; sulla metà degli anni '50 del '900 con il violoncellista ungherese János Scholz (che tenne alcuni concerti in Sala Bossi), sempre nell’ambito della grafica come l’amico Certani di cui frequentò la casa di via Castiglione e la villa di Vedrana di Budrio; con il direttore Molinari Pradelli e la sua sontuosa quadreria di dipinti del '600-700.
Grande appassionato e conoscitore di grafica ma anche di pittura, dal 1926 Certani si adoperò nel primo riordino e nella catalogazione dei dipinti della quadreria del budriese Domenico Inzaghi, che con lascito testamentario del 1821 era stata destinata alla Partecipanza agraria e allo scioglimento dell’istituzione, nel 1931, sarebbe passata al Comune, costituendo la civica Pinacoteca “Inzaghi” di Budrio. I dipinti furono collocati nelle sale del primo piano del palazzo della Partecipanza, e prima dello scadere dell’anno il Museo fu inaugurato, accompagnato da un catalogo a stampa curato dal Certani. Era stato lui, attento conoscitore della pittura bolognese, a riconoscere la mano di Vitale da Bologna nella trecentesca tavoletta L’incoronazione della Vergine con un giudizio poi avallato da Roberto Longhi e Heinrich Bodmer. Ma il dipinto, uno dei gioielli della Pinacoteca di Budrio, ritornò nel suo museo solo nel 1989: infatti, trasferito nel 1939 nella Pinacoteca di Bologna per essere restaurato, lì venne trattenuto fino a che non fu riportato nel luogo che gli spettava grazie all’intervento di Andrea Emiliani, allora soprintendente. Antonio Certani si spense a Bologna il 27 luglio 1952. La raccolta di Certani, notificata più volte, rischiò lo smembramento, fino all’acquisizione in toto, nel 1962, da parte del conte Vittorio Cini che la destinò all’omonima fondazione veneziana, dove dal 1963 è integralmente conservata. Per il decennale della morte la città natale volle ricordarlo con una serie di celebrazioni culminate con un concerto al Teatro Consorziale di Budrio, il 24 ottobre 1963: dopo la commemorazione di Lino Liviabella, allora direttore del Conservatorio bolognese, furono eseguiti brani di composizioni dello stesso Certani e una parte del concerto di Respighi a lui dedicato; a conclusione della serata, come ricorda Fedora Servetti Donati, la corale “Vincenzo Bellini” diretta da Uto Ughi cantò due cori dell’opera Floriana.
La raccolta e le esposizioni
Dopo l’acquisizione, nel 1919, di circa quattrocento disegni bolognesi ed emiliani già della collezione di Giovanni Piancastelli, artista, conoscitore e collezionista (dal quale qualche anno prima Francesco Malaguzzi Valeri, direttore dell’allora Regia Pinacoteca di Bologna aveva acquisito 49 disegni bolognesi) e poco dopo di un gruppo proveniente dalla collezione del conte Alessandro Maggiori, l’incremento della raccolta del maestro Certani dovette realizzarsi soprattutto nell’ambito del mercato antiquario bolognese, come si evince, fra l’altro, dalla presenza di iscrizioni antiche su numerosi fogli, come ad esempio nel gruppo siglato “A.f.” o “A° FA” attestante l’originaria provenienza dalla settecentesca collezione del conte Alessandro Fava che contava, fra gli altri, moltissimi disegni di Donato Creti. È importante ricordare che tra le due guerre il mercato antiquario italiano era molto effervescente e ci si poteva imbattere nella cessione di intere collezioni storiche, nella scia di quel fenomeno mercantile iniziato in Italia alla fine dell’800 che causò la frammentazione e la dispersione di numerose raccolte con vere e proprie migrazioni all’estero. Così era stato per quella di Piancastelli, in gran parte approdata a private collezioni americane come quella dei Cooper-Hewitt di New York successivamente confluita nel prestigioso Smithsonian Design Museum.
Nota agli studiosi per la sua rilevanza, la raccolta Certani fu presto oggetto di esposizioni: nel 1935 si tenne la mostra Il Settecento bolognese, nelle storiche sale di palazzo d'Accursio che per secoli avevano ospitato l’Appartamento d’inverno del Cardinal Legato (e di lì a poco sarebbero divenute la sede di uno dei musei civici bolognesi, le “Collezioni Comunali di Palazzo d’Accursio”). Nella mostra, curata da Guido Zucchini con la consulenza di Roberto Longhi (dall’anno prima in cattedra all’Università di Bologna) e promossa da un comitato scientifico che annoverava anche Certani stesso, accanto ai dipinti bolognesi di Cignani, Pasinelli, Burrini, Franceschini, di Giuseppe Maria Crespi e del suo antagonista Donato Creti (le cui tele smaglianti erano esposte nella Galleria Vidoniana dove purtroppo sono sempre rimaste), figurava una sezione di 248 disegni, di cui 145 di proprietà di Antonio Certani, almeno per la metà disegni di prospettiva, scenografia e ornato (contro i 38 fogli prestati dal prestigioso Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi, il primo per rilevanza fra le raccolte pubbliche italiane). Dopo la guerra, nel 1946, una mostra di disegni di antichi maestri promossa dall’Associazione per le Arti “Francesco Francia” e curata ancora da Guido Zucchini vide nuovamente protagonisti i disegni Certani, e l’anno successivo fu la volta della Mostra di disegni del Seicento bolognese in Pinacoteca, curata da Cesare Gnudi con la collaborazione dei giovani Gian Carlo Cavalli e Francesco Arcangeli: 170 disegni, di cui 61 fogli Certani (50 quelli prestati dagli Uffizi), dove accanto ai soggetti di figura compariva una sezione di “quadraturisti” come i più famosi specialisti del genere, la coppia Angelo Michele Colonna e Agostino Mitelli. Di lì a poco sarebbero seguite le sezioni dei disegni entro le famose Biennali di Arte Antica.
Ma quanto alla tutela già dal 1924, data la rilevanza numerica e qualitativa della raccolta, molto conosciuta e frequentata come si evince dall’elenco degli ospiti, collezionisti, amatori e studiosi (fra questi Heinrich Bodmer, già direttore del Kunsthistorisches Institut di Firenze, Otto Kurz, Denis Mahon) che frequentavano la dimora di via Castiglione, la Soprintendenza di Bologna aveva richiesto al Ministero dell’Istruzione un decreto di notifica che tutelasse l’integrità dell’intera collezione. Il decreto fu rinnovato nel 1943 quando la raccolta contava ormai 5.000 disegni, un numero ben più alto rispetto alla collezione della Pinacoteca. Una nuova richiesta di notifica fu fatta nel 1947, con una risposta ministeriale nel 1948: dato l’“eccezionale interesse artistico e storico” della raccolta, si sollecitava la stesura dell’elenco completo. Che però sarebbe stato stilato solo nel 1955 con la registrazione di 5.117 disegni riordinati in una cinquantina di cartelle, qualche anno dopo la scomparsa del Certani nel 1952. Uno stallo di alcuni anni e l’inerzia di una collezione non più in fieri, con l’aggravio dei provvedimenti di tutela, fece sì che nel 1961 da parte degli eredi venissero avviate le trattative per la cessione dell’intera raccolta, quasi subito effettuata, a Tammaro De Marinis. Napoletano di origine ma allora residente a Firenze nella suburbana villa Montalto (tra i suoi clienti del periodo napoletano Benedetto Croce e per la numismatica Vittorio Emanuele III di Savoia), l’antiquario bibliofilo si proponeva di ottenere lo scioglimento dei vincoli delle notifiche ministeriali sulla collezione. che ottenne in cambio della cessione gratuita alla Pinacoteca di Bologna, tramite il Ministero, dei circa 100 disegni ritenuti più importanti, quasi una rassegna degli artisti più prestigiosi della “Felsina pittrice” scelti dall’allora direttore Cesare Gnudi con la collaborazione di Andrea Emiliani. In attesa che venisse formalizzata la cessione i disegni, da 112 che erano stati individuati ridotti successivamente a 100, furono trasferiti provvisoriamente nei locali del museo dove era custodita la sezione grafica della Pinacoteca, costituita soprattutto dall’ingente lascito della collezione di papa Benedetto XIV Lambertini. Per il museo bolognese si prospettava un prestigioso incremento, ma di contro si sarebbe verificata una quasi certa dispersione sul mercato antiquario della raccolta appena acquisita dal De Marinis.
La dispersione, che pareva inevitabile, fu invece prontamente evitata, nel 1962, dalla provvida e tempestiva acquisizione integrale della collezione da parte del senatore conte Vittorio Cini, amico del dell’antiquario De Marinis, che la destinò alla Fondazione “Giorgio Cini”, istituita in ricordo del figlio tragicamente scomparso, con sede all’isola di S. Giorgio a Venezia: e forse anche grazie a un suggerimento di Federico Zeri, ascoltato consulente del conte Cini. L’acquisto comprese anche i 100 disegni che dai locali della Pinacoteca sarebbero approdati a S. Giorgio, insieme agli altri oltre 5000 fogli. Come scrisse Cesare Gnudi al De Marinis, la vicenda dei disegni Certani “si è conclusa così, non col vantaggio che avevo sperato per la Pinacoteca di Bologna, ma, riconosco, con esito migliore nell’interesse generale”. Per la raccolta fortunatamente integra stava per avviarsi una nuova storia, di revisioni, di studi, di inedite conoscenze, di catalogazione, di fruizione pubblica e di altre mostre. Presso la fondazione veneziana, nel 1970, si tenne un’esposizione tematica dedicata ai Bibiena, e nel 1987, nella stessa sede e successivamente passata a Bologna con la collaborazione della Fondazione Cassa di Risparmio, la mostra I Gandolfi. Ubaldo - Gaetano - Mauro. Dipinti e Disegni. Frattanto a Bologna nel 1979 si tenne L’Arte del Settecento Emiliano, che nella sezione Architettura, Scenografia, Pittura di paesaggio esponeva una ventina di fogli Certani, scelti fra i numerosi del nucleo di architettura e scenografia che aveva attirato l’attenzione di pubblico e studiosi già nell’esposizione del 1935. Tra i fogli esposti in quell’occasione figurano l’Accampamento romano alle porte di Roma, “tipico esempio di bozzetto scenografico bibienesco” (Lenzi), e il Proscenio di teatro con scena di approdo marino o fluviale che Antonio Basoli, nell'Autobiografia artistica, ricorda fra i lavori del Teatro “Felicini”, per il quale restaurò il soffitto a velario, rifece il sipario e inventò dieci scene diverse, dove il pittore-scenografo si palesa il “primo grande maestro della scenografia romantica” (Lenzi).
Consistente anche la presenza nell’esposizione bolognese del 1991, Architetture dell’inganno a cura di Anna Maria Matteucci e Anna Stanzani, con numerosi progetti di prospettive per fondali di cortili bolognesi, di molti dei quali purtroppo ora restano labili ombre (Flaminio Minozzi, Serafino Barozzi, Rodolfo Fantuzzi fra gli altri). L’anno seguente, a cura di Deanna Lenzi e Jadranka Bentini, ecco I Bibiena. Una famiglia europea dedicata alla grande dinastia di architetti-scenografi operanti per quattro generazioni che da Bologna irradiarono la loro arte in tutta l’Europa. Di antica provenienza Piancastelli e attribuiti a Giuseppe, il Tempio di Apollo è straordinario per ricchezza compositiva e decorativa: la presenza di una porzione di arcoscenico nella parte superiore del foglio rimanda a una destinazione teatrale, verosimile anche per la Sala con specchi dove la fuga prospettica assiale al centro del foglio si coniuga alle vedute per angolo laterali, in un gioco continuo di elementi spaziali impreziositi da una ricchezza strabiliante di ornati. Sono di Francesco Orlandi la Deliziosa “fatta in Praga 1774” (come si legge nell’iscrizione in basso), dove la veduta per angolo conduce l’occhio al fuoco prospettico dell’ornata fontana che chiude scenograficamente le quinte arboree di questo percorso teatrale, e, dello stesso anno, la Piazza di città, uno scenario urbano più volte riproposto dall’artista.
Nel 2018 i disegni di quadrature, prospettive e scenografie sono stati protagonisti a Venezia di una mostra monografica: l’esposizione Architettura immaginata. Disegni dalle raccolte della Fondazione Giorgio Cini, promossa dalla fondazione e curata da Luca Massimo Barbero e dall’Istituto di Storia dell’Arte della fondazione stessa, con ricerche, progetto scientifico e testi di Alessandro Martoni. Si tratta di cento fogli esposti in Palazzo Cini di Dorsoduro, accompagnati da una sintetica ma provvida guida in attesa del Catalogo Generale Certani dei disegni di quadratura, scenografia e ornato: i due volumi saranno editi dall’istituzione all’interno del monumentale progetto di catalogazione e pubblicazione del fondo Certani, per aree tematiche e monografiche, avviato fin della mostra del 2007.
L’appropriato titolo di “architettura immaginata” dà conto, in sintesi, dei contenuti delle varie sezioni: quadrature e apparati effimeri, decorazioni, ornati e scenografie introdotte dalla gigantografia della “magnifica sala” di Carlo Bernardo Galli Bibiena anch’essa esposta. Delle “architetture dell’inganno”, cioè quadrature, sfondati e architetture dipinte (la cui preistoria arretra fino alla pittura dell’antica Roma e attraversa i secoli punteggiata da straordinarie eccellenze come gli “inganni” di Paolo Veronese a Maser), la cultura figurativa bolognese è stata protagonista per oltre due secoli, facendone una specialità autonoma fin dal primo '600 e propagando le sue invenzioni nelle corti italiane ed europee.
I disegni scelti per l’esposizione, molti a penna e inchiostro bruno, alcuni acquerellati, ne documentano spesso le idee più effervescenti; dal precursore Girolamo Curti detto il Dentone, attivo a Bologna già nel primo '600, alla coppia dei quadraturisti Colonna e Mitelli approdata fino al Palazzo Reale di Madrid (dove realizzò un ciclo di affreschi purtroppo perduti nel devastante incendio del 1734); dai disegni di Angelo Carboni per i perduti affreschi del palazzo imperiale di S. Pietroburgo (1760) al Progetto per la sala da ballo del Nuovo Teatro Pubblico di Bologna di David Zanotti (1782). I progetti di decorazione parietale e di prospettive di Mauro Tesi (1772, disegno per la prospettiva del cortile di palazzo Savioli a Bologna) partecipano ormai al rigore “neocinquecentista” propugnato da Francesco Algarotti nell’ultimo quarto del '700, mentre un sentore di Romanticismo anima il foglio Omaggio ad Antonio Canova riferito a Rodolfo Fantuzzi. Tra gli “apparati effimeri” spicca il progetto di Vittorio Maria Bigari per la macchina funebre innalzata nella chiesa di San Bartolomeo per le esequie di papa Lambertini (1758): sculture e nicchie, drappi e ornati rimandano continuamente all’architettura reale della chiesa.
Le scenografie teatrali occupavano la sala centrale, quasi a rendere visivamente la centralità di questi soggetti nelle preferenze e nelle scelte di Certani, verosimilmente in consonanza con la sua professione musicale. Si tratta di disegni di artisti che di quella specialità furono gli indiscussi protagonisti, i bolognesi Ferdinando e Francesco Galli Bibiena insieme ai loro discendenti, inventori delle vedute per angolo a più fuochi prospettici che avrebbero rivoluzionato le scene teatrali, da Bologna alle corti padane a quelle europee. Di Ferdinando, l’Accampamento alle porte di Roma (già alla mostra bolognese del 1979) reca un’iscrizione che si riferisce all’opera Sesostri re d’Egitto (libretto di Apostolo Zeno e Pietro Giovanni Pariati, musiche di Francesco Gasparini; prima a Venezia, Teatro Tron, 1710). S'aggiungano la Sala Regia di Giovanni Maria e la vertiginosa fuga di colonne del Magnifico atrio colonnato di Carlo Bernardo. Tra i disegni di destinazione bolognese di Antonio Basoli, quasi tutti a penna, inchiostro bruno e acquerelli policromi su carta, il Carcere è da ricondurre all'attività di scenografo per il Teatro dei Filodrammatici Accademici; il Portico di palazzo con trono è il bozzetto di una scena per il dramma Semiramide riconosciuta di Metastasio e Meyerbeer CHE andò in segna al Comunale nel 1820 con scenografie di Basoli stesso e Gaetano Burcher; il Cortile in casa di Fabrizio è un magnifico bozzetto per la scena di apertura della Gazza ladra di Rossini, andata in scena al Corso di Bologna nel 1819, esempio di scena rustica perfettamente corrispondente alla didascalia del libretto di Giovanni Gherardini. Di Giuseppe Badiali, attivo per molti teatri bolognesi come il Corso, il Contavalli e il Comunale (è del 1853-54 la realizzazione del plafond della Sala del teatro insieme ad Antonio Muzzi), un foglio raffigura il porto di Genova e il castello di Milano. A conclusione cronologica stanno il Tempio e ponte romani e un Interno gotico di Francesco Cocchi che, allievo di Basoli, fu scenografo attivo per molti teatri europei, da Roma a Lisbona a Copenaghen.
Certani, violoncellista e collezionista
La sezione delle “architetture vere” comprende alcuni fogli di Flaminio Minozzi: il Progetto per teatro di Villa, organizzato attorno al padiglione centrale, è un esempio di ritorno all’ordine voluto dal movimento neopalladiano; mentre il Progetto per padiglione da giardino del 1796, pensato per una gloriette, luogo di svaghi, di riposo, di musica ancora nel gusto del barocchetto, pare ormai destinato a spegnersi nei rigori neoclassici. Fra gli ornati e le arti decorative si trovano infine gli studi e i disegni di Mauro Tesi per la manifattura Aldrovandi, raffinatissimi nella stesura celeste del fondo, e i progetti per le stanze à rideaux e le pareti “all’etrusca” del Basoli.
La prestigiosa istituzione veneziana, che in quanto fondazione può dirsi semipubblica, è aperta agli studiosi e visitatori e vanta una sezione di disegni seconda solo a quella degli Uffizi, come è seconda solo agli Uffizi, per entità numerica, la sezione delle stampe della Pinacoteca Nazionale di Bologna.
Specie cataloghi
Fra i vari studi dedicati alla raccolta Certani restano a tutt’oggi fondamentali due contributi di Angelo Mazza. Disegni bolognesi del Sei e Settecento alla Fondazione Giorgio Cini di Venezia: la collezione Certani è parte di un volume sulla pittura emiliana nel Veneto e dà conto della formazione e consistenza, delle eccellenze fra i disegni di figura e di quadratura -scenografia, di aspetti istituzionali intrecciati a un profilo del collezionista-musicista. In occasione della mostra Il segno dell’Arte. Disegni di figura nella collezione Certani alla Fondazione Giorgio Cini (1500-1750), il saggio Antonio Certani e Bologna: storia di una collezione ripercorre le varie tappe della costituzione della preziosa raccolta, le vicende espositive e quelle della tutela, sempre con occhio attento al musicista connaisseur nel contesto di notizie di prima mano desunte dall’Archivio della famiglia (tuttora custodito dagli eredi).
I prossimi testi si riferiscono in particolare a cataloghi di mostre: Aa.Vv. L’Arte del Settecento Emiliano. Architettura, Scenografia, pittura di paesaggio, catalogo della mostra (1979), Bologna, Alfa, 1980.; A. M. Matteucci e A. Stanzani (a cura di), Architetture dell’inganno. Cortili bibieneschi e fondali dipinti nei palazzi storici bolognesi ed emiliani, catalogo della mostra, Bologna, Grafiche dell’Artiere, 1991; F. Servetti Donati, Budrio casa nostra, Budrio, Comune, 1993; A. Mazza, Disegni bolognesi del Sei e Settecento alla Fondazione Giorgio Cini di Venezia: la collezione C., in S. Marinelli e A. Mazza (a cura di), La pittura Emiliana nel Veneto, Banca Popolare di Verona - Banco di San Geminiano e San Prospero, 1999, pp. 241-226 (con bibliografia precedente); D. Lenzi e J. Bentini (a cura di), I Bibiena. Una famiglia europea, catalogo della mostra, Venezia, Marsilio, 2000; M. I. Biggi, Disegni di scenografia nelle collezioni Donghi e C., atti del convegno Le raccolte d‘arte della Fondazione Cini (2003), in Atti e memorie di Storia dell’Arte, 27, Fondazione Giorgio Cini, Istituto di Storia dell’Arte, Venezia, 2003, pp. 501-515; A. Mazza, Antonio Certani e Bologna: storia di una collezione, pp. 27-39, in V. Mancini e G. Pavanello (a cura di), Il segno dell’Arte. Disegni di figura nella collezione C. alla Fondazione Cini), catalogo della mostra, Bologna, Bononia University Press, 2007; D. Lenzi, Il “pittore di scene e di teatri”, in Antonio Basoli Ornatista, Scenografo, Pittore di Paesaggio 1774-1848. Il viaggiatore che resta a casa, catalogo della mostra a cura di F. Farneti e E. Frattarolo, Bologna, Minerva, 2008, pp. 44-49; A. Martoni (a cura di), Guida alla mostra Architettura Immaginata. Disegni dalle raccolte della Fondazione Giorgio Cini, a cura di L. M. Barbero e Istituto di Storia dell’Arte (Venezia, Palazzo Cini, 20.IV.-17.IX.2018), 2018; F. Farneti e V. Riccardi Scassellati, Antonio Basoli. Percorso nella sua Vita Artistica, Faenza, Carta Bianca, 2019.
Un particolare ringraziamento ad Alessandro Martoni dell’Istituto di Storia dell’Arte della Fondazione “Giorgio Cini”.
Maria Pace Marzocchi
Certani, violoncellista e collezionista
in Jadranka Bentini e Piero Mioli (a cura di)
Maestri di Musica al Martini. I musicisti del Novecento che hanno fatto la storia di Bologna e del suo Conservatorio
Bologna, Conservatorio «Giovan Battista Martini», 2021