Mariele Ventre

Mariele Ventre (Bologna, 16.VII.1939 - ivi, 16.XII.1995).
Caro coro
Grande profetessa in patria è stata Mariele Ventre, ma anche per la patria: chi non conosce il Piccolo Coro dell'Antoniano? chi non sa che il Piccolo Coro vive e opera a Bologna? chi si meraviglia se da tanti anni il Piccolo Coro si chiama “Mariele Ventre”? E per finire la serie di domande, nella Bologna che fa musica, canto, coro chi non ha un parente, un conoscente, un amico che a suo tempo non ha fatto parte del Piccolo Coro e non vi si è fatto le ossa? Le “Verdi note”, i “Vecchioni di Mariele”, la “Galassia dell'Antoniano” sono vive, ulteriori realtà odierne che là hanno le loro radici, di là traggono ancora la loro ispirazione, come se l'esile signorina di Bologna fosse ancora una autorevole sacerdotessa della coralità infantile. Una grande profetessa appunto, è stata Mariele, in patria e fuori, perché il suo piccolo coro bolognese è stato capace di diventare un maturissimo coro internazionale.
Maria Rachele Ventre è nata a Bologna il 16 luglio del 1939, da genitori lucani: il padre Livio (1906-2000) era originario di Marsico Nuovo e la madre, Maria Rotundo (1911-2002), di Sasso di Castalda. Avendo dimestichezza con il convento e la chiesa di S. Antonio, da fedele parrocchiana e solerte giovanissima catechista, Maria Rachele e ormai per tutti Mariele frequentò l'istituto magistrale di S. Giuseppe diplomandosi nel 1957. Intanto studiava pianoforte privatamente, con la maestra Maria D'Ajutolo, coltivando una passione insorta fin dall'infanzia e certo non per convenzione borghese ma per autentico interesse personale (oltre che famigliare). Regolarmente, con la sorella Maria Antonietta, sosteneva gli esami della materia principale e delle materie complementari al Conservatorio “Giovan Battista Martini”, con esiti che le potevano prospettare una carriera solistica di successo. Per il diploma finale scelse il Conservatorio “Giuseppe Verdi” di Milano, allora retto da un compositore di fama da lei molto stimato come Giorgio Federico Ghedini. Era il 1° luglio del 1961 e gli ambienti e le occasioni del concertismo e del pianismo, dell'audizione e del concorso, a volte accoglienti, spesso ingrati, faticosi sempre, erano tutti da tentare, erano la sfida da accettarsi per semplice conseguenza di un percorso musicale di prim'ordine. Rinunce? Tante, le solite, troppe; ma nel caso di Mariele con sovrappiù, l'eventualità di non sfruttare una vocazione “infantile” innata, senza dubbio, e innervata dalla scelta, paralleli a quelli musicali, degli studi magistrali.
Le coincidenze esistono: nello stesso 1961 lo Zecchino d'Oro, ameno e sorridente festival musicale per bimbi canterini, si trasferì da Milano, dove era nato e si era svolto per due edizioni, a Bologna, e nell'acquisita sede dell'Antoniano, istituzione sorta da alcuni anni nel convento di S. Antonio con varie finalità benefiche, aveva bisogno di collaboratori. Al capace presentatore di una popolare manifestazione sia concertistica che spettacolare (e televisiva), quel Cino Tortorella simpaticamente detto Mago Zurlì, i frati della sua parrocchia fecero il nome di Mariele, giusta come pianista, insegnante, preparatrice, accompagnatrice del coro necessario. Il rapporto funzionò e due anni dopo il coretto bravo e anonimo, grazie anche all'entusiasmo dei componenti e all'interessamento delle famiglie, divenne il bravissimo “Piccolo Coro dell'Antoniano”, poi fulcro dello Zecchino d'Oro a tutt'oggi (e certo non solo). “Piccolo” per l'età dei componenti, non per il loro numero o valore eventuale: garanzia ne fu allora e poi il lavoro di Mariele Ventre, che dalla sua progettualità cancellò immediatamente ogni altra meta o idea per consacrarsi all'iniziativa a tempo pieno, anima e corpo alla lettera.
Per 33 anni Mariele lavorò al coro, e raramente la parola 'lavoro' fu più opportuna in un ambito artistico. Tutti i santi pomeriggi la maestra riceveva i bambini che aveva selezionato in un arco d'anni compreso fra i tre e gli undici (con qualche eccezione) e dopo qualche collocazione appena rimediata li faceva accomodare in un'aula apposita dell'Antoniano, fornita di banchi a buona vista e di un semplice pianoforte verticale messo per traverso a che l'occhio puntasse gli scolaretti. Acclarata una qualità e disponibilità di orecchio e di comportamento, la lezione consisteva nei rudimenti della teoria musicale, nell'illustrazione dei testi da eseguire, nelle modalità dell'emissione vocale. Dopo mesi su mesi, anni su anni di studio il risultato delle presenze allo Zecchino d'Oro e ai cento e cento concerti dati in Italia e all'estero s'era fatto straordinario. Con quali strumenti Mariele otteneva tanto? La severità poteva produrre l'eccellenza, la bonomia poteva produrre la frequenza, ma non era facile che i due fiumicelli confluissero nell'unico laghetto: un insegnante molto severo rischia di disamorare e allontanare gli allievi, un insegnante molto buono rischia di prepararli poco e scontentare tutti. Il segreto di Mariele aveva più facce: esigere facendo comprendere, chiedere molto molto avendo dato, persuadere a fondo con il sorriso e la carezza, trasformare lo studio personale in un gioco collettivo e addirittura complice, conoscere la voce di ogni bambino a lui lasciando capire di conoscere anche il suo carattere (nonché il resto, la famiglia, le abitudini, la scuola, i piccoli gusti, gli amichetti). Era proprio un poliedro, il metodo di Mariele, ma non un cubo né un prisma bensì una piramide: le facce puntavano tutte lassù, a un'eccellenza che fosse umana, etica, artistica, musicale.
Dopo aver faticosissimamente partecipato al 38° Zecchino d'Oro, il 16 dicembre del 1995 Mariele Ventre, gravemente malata da tempo, è mancata alla famiglia, ai due genitori e due fratelli, e al mondo, al mondo del Piccolo Coro dell'Antoniano e di tanto pubblico concertistico e televisivo. Quattro giorni dopo la televisione trasmetteva uno speciale in suo onore e ricordo, secondo una prassi permessa soltanto ai nomi veramente significativi.
Un fiorellino all'occhiello
Opere di fede, liturgia, beneficenza a parte, il Piccolo Coro ha tutte le carte in regola per figurare come la stellina più luminosa del cielo antoniano. Misto di maschietti e femminucce (tutte voci bianche, comunque) di anni 3-4-5-6-7-8-9-10-11, il coro ha queste caratteristiche e vicende: attinge al bacino della città metropolitana di Bologna; ammonta a totali generosamente variabili attorno alla cinquantina; è stato fondato nel 1963 dalla eclettica lungimiranza dell'Antoniano e dalla forte personalità di Mariele Ventre; ha intensamente agito sul doppio binario della concertistica in genere e di quel singolare concerto che è lo Zecchino d'Oro; alla scomparsa della fondatrice ha assunto il nome di lei ed è passato alle cure di Sabrina Simoni; e ora continua la sua strada gloriosa di formazione e arte a Bologna, nel paese, nel continente. Oltre che allo Zecchino d'Oro e a diverse produzioni dell'Antoniano, ha partecipato a trasmissioni per le feste del Natale, della Pasqua, della Mamma, del Papà e a programmi come La banda dello Zecchino, Terraluna, Parolà, Arriva lo Zecchino, Zecchino Show. Molte altre sono le sue presenze: ha fatto tournée in tutt'Europa e fuori, andando e tornando per esempio in Polonia o allargandosi fra Cina e Disneyland; ha cantato davanti ad autorità come i pontefici Paolo VI, Giovanni Paolo II e Francesco e il presidente Giovanni Leone; è stato nominato Ambasciatore UNICEF; ha partecipato al Festival di Sanremo e all'Expo di Milano; ha inciso qualcosa come un migliaio di dischi. Ma soprattutto ha allietato, coltivato, educato alla musica, alla vita, alla disciplina, alla convivenza migliaia e migliaia di fanciulli e fanciulle. Alla “simpatia”, se è vero che 'sim-patia' significa sperimentare, faticare, provare, anche sopportare ma immancabilmente tutti insieme.
All'infanzia e all'adolescenza l'Antoniano dedica molte delle sue forze. Fondato nel 1953 dai frati minori del convento di S. Antonio in Bologna nell'ambito della Provincia Minoritica dell'Emilia-Romagna, è un'istituzione che agisce nel senso della solidarietà, della cultura e dell'intrattenimento. In particolare possiede un centro riabilitativo per bambini affetti da sindrome di Down, organizza spettacolini per i pazienti dei reparti pediatrici degli ospedali, cura annualmente rassegne cinematografiche e rappresentazioni di fiabe per piccoli e giovanissimi, gestisce una stazione radiofonica, Radio Tau, di notevole spessore religioso e culturale. Più in particolare la città di Bologna le ha sempre riconosciuto la creazione di un'efficiente scuola di teatro, l'Accademia Antoniana, che nel tempo ha sfornato diversi artisti di valore e notorietà (estendendosi al linguaggio radiofonico, televisivo, cinematografico). Alla fondazione dell'Antoniano provvidero personalmente quattro frati intelligenti e illuminati: padre Gabriele Adani (1927-1993), padre Ernesto Caroli (1917-2009), padre Benedetto Dalmastri (1926-2009) e padre Berardo Rossi (1922-2013), che sono stati battaglieri al punto giusto, al punto da meritare l'appellativo scherzoso dei Quattro Moschettieri. E circa il fiore all'occhiello, nessuna battaglia è perduta, anche al di là di germogli più che fioriti come la cantante-attrice Cristina D'Avena, il soprano Anna Caterina Antonacci, il basso-baritono Simone Alberghini: i ragazzi che superano il decennio di vita possono sciamare nelle “Verdi Note”, cantori sempre giovani ma più “vecchi”; e addirittura nei “Vecchioni” del Piccolo Coro, che del gruppo, della sua storia e delle sue origini rammentano, se occorresse, anche il coté dell'entusiasmo e dell'umorismo (oltre che il nome di battesimo loro appioppato dall'indimenticabile maestra).
Per me cantare è un gioco
Nella storia, nella cronaca, nella vita di tutti i giorni si danno i casi di persone, come dire? sempre all’erta, sempre tese a mettersi in vista, a impugnare segnali di presenza e di comando, e non sempre destinate a lasciare traccia autentica, visibile, duratura di sé. Sono più rare le persone dal carattere e dalla funzione opposta, e fra queste rarità il secondo '900 musicale italiano annovera senza dubbio la figura di Mariele. Cavaliere ufficiale della Repubblica nel 1989, Mariele è stata insignita del premio internazionale S. Valentino d'Oro, del premio della Critica Discografica Italiana per Ragazzi, del Disco d'Oro, del Telegatto d'oro, del premio Giffoni Film festival: alla sua memoria è stato assegnato dal Comune di Bologna il Nettuno d'Oro 1996. Nel 1997 è sorta la Fondazione “Mariele Ventre”, presieduta inizialmente dal padre Livio e poi dalla sorella Maria Antonietta, con lo scopo di ricordare il lavoro di lei e promuovere iniziative culturali e sociali in linea con il suo pensiero. Ricca la bibliografia, che annovera libri e testi diversi di Luigi Ferraresso, Gisella Gaudenzi, Vezio Melegari, Gigi Speroni, Elisabetta Tosi. Come punto di riferimento valga il commosso e documentatissimo volume biografico-fotografico di padre Berardo: Mariele, semplicemente, pubblicato nel 1999 (Cinisello Balsamo, S. Paolo) e ripubblicato nel 2003 (Bologna, Fondazione “Mariele Ventre”).
E l'anno dopo è uscito un altro libro, di carattere specificamente professionale, relativo al suo metodo, al suo insegnamento, al suo grande rapporto con i piccoli componenti del coro: Per me cantare è un gioco. Alla scuola di Mariele Ventre (Bologna, Pendragon, 2004). Marco Fanti, già piccolo corista e ora musicista, maestro del coro “Athena”, insegnante a sua volta e biografo della maestra, non ha dubbi, quando asserisce che Mariele non era una figura da primo piano, da immagine a tutto tondo, da rotocalco alla moda, e che la funzione da lei lungamente svolta si è sempre nascosta dietro la realtà cui teneva tanto e soprattutto, quella dei suoi bambini canterini. I trent’anni del suo apostolato, densi di studio, incontri, eventi, concerti e registrazioni, gli sembrano, ci sembrano passati in un soffio: perché lei è sempre stata là dietro, non qua davanti, perché lei non parlava volentieri di sé e nemmeno, dopo la sua morte, ha fatto trovare documenti significativi che non fossero le esecuzioni del coro manovrate con tanta discrezione quanta disciplina.
Questo libro serve a diversi usi: a dare qualche notizia esterna sulla figura dell’interessata, che si diplomò maestra e pianista con successo ma senza clamori o pericolosi entusiasmi; a comunicare i fondamenti della sua didattica musicale e corale, mediante il ricorso diretto alla memoria di chi, come l’autore, ha vissuto quelle ore operose di comunanza e di studio; a fornire dati importanti sul repertorio, sulla discografia, sull’attività in genere del coro stesso. Mariele Ventre aveva studiato pianoforte, non direzione di coro, e quindi una tecnica direttoriale se l’era dovuta letteralmente inventare: sugli effetti non c’è proprio nulla da dire, se non fare riferimento continuo alla magnifica realtà dei concerti e dei dischi; sul metodo, invece, Fanti ha da spendere molte parole significative, quando mette in rilievo l’assoluta importanza che nel momento della direzione Mariele assegnava alle dita mobilissime e al volto sorridente, sfavillante, ricchissimo di espressione. E questo era il mezzo, lo strumento pressoché finale; prima, a imporsi con franchezza e autorevolezza erano la capacità di far studiare giocando, l’invito rivolto ai bambini ad aiutarsi l'un l'altro, l’intuizione di una corposa merenda da inserire nelle ore di lavoro, altri elementi di una didattica che sembra ora naturale, spontanea, irriflessa, e ora pensata, calibrata, attentamente sperimentata. Alla fine, una realtà e un’eredità straordinaria: il Piccolo Coro, lo Zecchino d’Oro, un complesso di musiche provenienti sia dall’Argentina che dallo Zaire (proprio dall’A alla Z), una serie di titoli zeppa di animali e onomatopee e mamme e giocattoli, un monte di 1434 pezzi comprendenti fra l’altro due Alleluia, quattro Ave Maria, molti Natali e Cacce al tesoro, un’infinità di cin-cin e ninne-nanne e filastrocche, dentini e pupazzetti, ballate e befane in quantità. Per cantare, per divertire, per fare spettacolo (senza che l'istruttrice volesse mai essere spettacolare), per stare insieme, e anche per insegnare qualcosa. Insegnare la musica e il canto, senza dubbio, ma anche la convivenza, la civiltà, la fede in questo e quell’altro mondo. Ed è stato così che una piccola burattinaia di nome Mariele ha formato centinaia e centinaia di canterini e di cittadini, come dimostra con abbondanza di parole, fatti ed esempi questo bel manuale-memoriale, questo documento di vita vissuta capace di diventare un testo di insegnamento e apprendimento.
A documento dell'attività di Mariele Ventre, che in un libro intitolato Maestri di Musica al Martini figura egregiamente per mille ragioni (prima di tutte forse una maestrìa unica e autentica), stanno scritti, dischi, video, siti, intitolazioni di cori, scuole, ospedali, collegi, piazze e strade senza fine (non senza monumenti). Scritti anche di lei stessa: Lettere da Mariele... oltre le note dello Zecchino d'Oro, a cura di Giuliano Musi (Argelato, Minerva, 2015) pubblica circa 300 lettere, fra le oltre 15.000 lasciate e custodite dalla Fondazione, che sono un ritratto perfetto della persona e della lavoratrice. A proposito dei dischi, nel solo 2010 sono uscite due serie di cinque e cinque antologie firmate Antoniano e Zecchino d'Oro. La prima serie, Il favoloso mondo dell'Antoniano, comprende Tutti a tavola, Giramondo, Facciamo festa, Uno zoo che canta e La favolosa banda. Della seconda, Impariamo cantando con lo Zecchino d'oro, fanno parte La geografia, Le parole, L'ecologia, La musica e La storia. Quanti piccoli coristi dell'Antoniano, poi, siano diventati adolescenti e adulti musicisti del Conservatorio di Bologna è un conto che s'ha ancora da fare; e farlo non sarà mai troppo facile.
Piero Mioli
Mariele, mani che cantano
in Jadranka Bentini e Piero Mioli (a cura di)
Maestri di Musica al Martini. I musicisti del Novecento che hanno fatto la storia di Bologna e del suo Conservatorio
Bologna, Conservatorio «Giovan Battista Martini», 2021