PALESTRINA (Gian Pierluigi), il più rinomato maestro della scuola Romana, nacque nel 1529 nella piccola città di Palestrina, che è l'antica Preneste. Dopo di avere studiata la musica, sarebbe egli rimasto nell'oscurità e nell'indigenza, se il suo genio non fosse concorso a metterlo nel primo rango dei compositori. Ecco quale ne fu l'occasione. Era allora la musica un vero arzigogolo, privo di significato intelligibile, un dottissimo romore che nulla diceva all'anima, e nulla poteva dirle: un armonioso problema acustico inestricabile per l'orecchio. Tutto era fuga, canoni, intrecci; nè vi era musica che nelle chiese. I compositori trascuravano assolutamente l'espressione, e non si occupavano che in quelle sole ricerche d'onde altro non risultavane che fracasso e buffonerie molto indecenti. Questi abusi eccitato avevano da gran tempo le lagnanze delle persone di pietà, e più volte si erano proposte di bandire interamente la musica dalle chiese, e ridurla al canto fermo. Finalmente, Papa Marcello II circa 1555 venne al punto di fulminare il decreto dell'abolizione, quando il Palestrina, cantore allora della cappella pontificia, il quale aveva certo fatta riflessione su i vizj della musica di quel tempo, e concepito aveva l'idea di un genere più convenevole alla maestà del luogo, chiese il permesso al Papa di fargli sentire una Messa da lui composta. Avendoglielo questi concesso, la di lui messa sembrò così bella e così nobile, che il Papa rinunziò al suo progetto, confermò la cappella pontificia purchè si cantasse su quel gusto del Palestrina. A questo genio immortale, dice il Carpani, devesi l'odierna melodia, fu egli che scosse il giogo della barbara scuola de' maestri fiamminghi, che solo signoreggiava in tutta l'Europa. “Profondo com'era nella sua scienza, semplificò, purgò, ingentilì l'armonia, ed introdusse nel contrappunto una cantilena, grave sì, ma sensibile, continuata e naturale. Il suo esempio fu seguito da altri, ed avvenne allora la felice rivoluzione della musica di chiesa, che in parte dura tuttora. Il vero bello non invecchia mai. Ho sentito io stesso in S. Pietro di Roma della musica sacra del Palestrina, che incanta e par fatta jeri.” (Letter. 9). Palestrina nel 1562 divenne maestro di cappella di S. M. Maggiore, e dopo la morte dell'Animuccia nel 1571, della chiesa di S. Pietro, che egli arricchì di un gran numero de' suoi capi d'opera. “La semplicità e naturalezza della modulazione colla giusta e varia distanza delle voci per rendere chiara e varia l'armonia sono le proprietà singolari, che faranno eterne le opere del Palestrina.” (Eximen. l. 3. c. 8). Morì egli a dì 2 febbrajo del 1594 e gli si fece l'onore d'esser sepolto nella chiesa medesima di S. Pietro con l'epitafio Musicæ Princeps. I più gran maestri han fatto somma stima delle di lui opere, Burney, Reichardt, Marpurg, Choron, Eximeno hanno di recente fatto imprimere alcune delle sue composizioni, e viene eziandio assicurato che un eccellente contrappuntista di Roma si occupa al presente di raccorre e pubblicare tutte le opere del Palestrina.

Giuseppe Bertini
Dizionario storico-critico degli scrittori di musica e de’ più celebri artisti di tutte le nazioni si’ antiche che moderne
Palermo, dalla Tipografia Reale di Guerra, 1814