PERGOLESI (Giambattista), detto così, perchè era di Pergoli nella Marca, ove nacque nel 1707, il suo vero nome di famiglia era Jesi. In età di 14 anni venne in Napoli, e studiò la musica nel Conservatorio di Sant'Onofrio. Gaetano Greco, che ne era allora il maestro, trovato avendo in lui delle grandi disposizioni presene una particolar cura, e fecegli fare particolarmente un profondo studio del contrappunto, e della composizione. Secondo il gusto di que' tempi imparato egli aveva dal maestro a non discostarsi in nulla dalla severità delle regole, ma questo genio nudrito dalle Grazie e dalle Muse ebbe il raro talento di trovarne a tempo le eccezioni. “Niuno meglio di lui ha saputo ottenere i fini, che dee proporsi un compositore: niuno ha fatto miglior uso del contrappunto, ove l'uopo lo richiedeva. Simile al Raffaello egli non ebbe altra guida, che la natura, nè altro scopo, che di rappresentarla al vivo, l'arte che tutto fa, nulla si scopre. Simile a Virgilio, ei maneggiò con felicità incomparabile i diversi stili, de' quali si fa uso nella musica, mostrandosi grave, maestoso, e subblime nello Stabat mater; vivo, impetuoso, e tragico nell'Olimpiade, e nell'Orfeo; grazioso, vario, e piccante nella Serva Padrona.” (Arteaga tom. 2). Si può dire che Pergolesi niente abbia lasciato che migliorare a' successori, e che da quell'epoca in poi abbia piuttosto la musica perduto, che acquistato vigore. Egli in breve tempo dal mediocre stato, in cui trovò la musica teatrale, la ridusse al sommo, al perfetto. Si riformò il gusto universale a quell'incanto, si cominciò a distinguere l'accento, il metro, la continuazione delle melodie, e il popolo corse presso ad un giovine, lasciando i vecchi più accreditati, da' quali perchè turpe putant parere minoribus, gli fu mossa un'orribile persecuzione, la quale giunse a tanto, che si è creduto, esser egli morto di veleno preparatogli da' suoi malevoli (Mattei, elog. di Jomm.). Quel ch'è certo si è, ch'egli morì di consunzione piuttosto dopo quattro anni d'uno sputo di sangue, per cui era andato a Pozzuoli, in età di 33 anni. Tuttavia è ancor certo, dice Arteaga, che Pergolesi fu il bersaglio della invidia, e che sembra essersi avverata nella sua persona quella severa e incomprensibil sentenza, che la natura in creando gli uomini singolari ha, come dice un poeta francese, pronunciato contro di loro: Sois grand'homme, et sois malhereux. Il suo Stabat mater, ammirato in tutta l'Europa come un capo d'opera di espressione e di sentimento, non invecchia mai, e finchè vi sarà musica sarà sempre immortale. Tutte le sue composizioni sono tuttora i modelli del buongusto, e della buona scuola, esse dovrebbero essere tra le mani di tutti i giovani studiosi, se aspirar vogliono al sublime ed al grande.

Giuseppe Bertini
Dizionario storico-critico degli scrittori di musica e de’ più celebri artisti di tutte le nazioni si’ antiche che moderne
Palermo, dalla Tipografia Reale di Guerra, 1814


PERGOLESI GIO: BATTISTA. Quantunque di questo, direm così, ristorator della Musica nel Regno di Napoli fin dal 1831 noi pubblicammo una lettera biografica indiritta al ch. Mons. Emmanuele Muzzarelli, nella quale per una controversia insorta sulla patria del Pergolesi le più minute indagini usammo per indagare così la patria come la vita di sì celebre armonico Compositore, pure fa d'uopo che in queste memorie ne facciam di nuovo onorevole menzione. Diverse sono state le opinioni circa la patria del Pergolesi. Il ch. Ab. Giuseppe Bertini nel suo dizionario storico critico degli scrittori di Musica (Palermo 1816 tom. IV. in 8.°) crede che il Pergolesi fu così detto perchè nato in Pergoli nella Marca, e che il suo vero nome di famiglia era Iesi. Nell'istesso errore inciampò benanche il dottissimo Saverio Mattei nelle memorie per servire alle vite di Metastasio, e di Jommelli. L'autore poi francese dell'opera molto inesatta intitolata Essai sur la Musique, il nuovo dizionario storico tradotto dal francese stampato in Napoli nel 1791; il Galanti nella descrizione della Città di Napoli pag. 240, la Biografia universale antica e moderna impressa in Venezia 1818 vol. 48, ed il sig. Gennaro Grossi nella Biografia degli uomini illustri del regno di Napoli uniformemente sostengono essere il Pergolesi nato in Casoria piccolo contado del regno di Napoli, che ne dista tre miglia; e la Biografia universale antica e moderna pubblicata in Venezia chiama Casoria Città. Ma tutti gli autori delle citate opere, l'un l'altro copiandosi, han preso solenne abbaglio. Finalmente il Quadrio nel V tomo della sua opera intitolata Istoria della volgar poesia attesta esser Pergolesi nato in Jesi Città dello Stato Pontificio; poichè parlando de' celebri maestri di Musica, scrive di lui: Giambattista Pergolesi di Iesi professore eccellente.
Ed in fatti che questo scrittore non abbia ignorato il vero luogo della nascita del Pergolesi, noi ne venimmo in cognizione mercè l'eccessiva gentilezza del nominato Mons. Muzzarelli che tutta la cura adoperò per venire in chiaro di ciò che noi bramavamo sapere. Perciocchè di ciò ci rendette sicuri la fede di battesimo, che il degnissimo vescovo di Viterbo, e Toscanella Mons. Pianetti a richiesta di Mons. Muzzarelli degnossi mandare; ch'è del tenor seguente:
«In Dei nomine etc. Universis, et singulis ad quos etc. Indubitatam fidem facio, verboque veritatis testor ego infrascriptus parochus huius insignis Ecclesiae ad suggestum Divi Septimii pertinentis sequentem invenisse particulam in uno regeneratorum libro signato sub n.° 2 pag. 584. A dì 4 gennaio 1710. Giambattista figlio di Francesco Andrea Pergolesi, e di D. Anna Vittoria consorte di questa Città nato la notte antecedente a ore 10. Fu battezzato da me Marco Capogrossi curato. Padrini furono gl'illustrissimi signori Gio: Battista Franciolini, e signora Gentilina de' signori Honorati. Quam quidem particulam in praefato libro verbo ad verbum fideliter, diligenterque decerpsisse testor. In quorum fidem has praesentes litteras mea manu scriptas, subscriptasque dedi, solitoque huius meae Cathedralis Paroeciae signo firmandas curavi. Datum Aesii ex Aed. Parochialibus VII kalendas iunii 1831. Ego Alexius Severini parochus man. prop. (adest sigillum). Il confaloniere di Iesi certifica vera ed originale la firma del rev. sig. D. Alessio Severini parroco del Duomo. In fede, Iesi lì 30 maggio 1831 -- Il confaloniere -- Settimio marchese Pianetti».
Rivendicata alla Città di Iesi la gloria di aver data la nascita al Pergolesi, e toltala alla Città di Pergoli, ed al villaggio di Casoria, come dalla sopracitata autentica fede si ricava, si rileva dalla medesima altresì che il Pergolesi non dovette nascere da oscuri genitori, giacchè gli furon padrini nel battesimo due, che appartenevano a nobili famiglie, come il nominato Mons. Pianetti attestò a Mons. Muzzarelli. Nel primo de' Conservatorii esistenti in questa Città, cioè in quello de' Poveri di G. C. entrò il nostro Pergolesi (e non già in quello di S. Onofrio, come da taluni si è detto), ignorandosi la cagione della sua venuta in Napoli, e perchè ivi fosse allogato. Entrato dunque in detto Conservatorio, imparò a sonare il violino dal maestro Domenico de Matteis. L'alunno da se solo studiando quello stromento faceva de' passaggi semitonati a salire, a calare, nuovi e graziosi gruppetti, ed appoggiature di nuovo genere, che ne rimanevano gli stessi compagni sorpresi. Fatto ciò noto al suo maestro de Matteis, volle di soppiatto a scoltarlo, e ne restò talmente compiaciuto che domandogli chi gli avesse insegnato tali modulazioni, ed essendogli stato risposto non averle da veruno apprese, il maestro gli disse se fidavasi di scriverle. Il dì seguente Pergolesi portò distesa quella sonatina, la qual cosa sommo compiacimento nel maestro produsse. Ciò impegnò il medesimo a raccomandarlo con calore al maestro di contrappunto di quel Conservatorio, ch'era il celebre Gaetano Greco napoletano; e con la direzion di costui Pergolesi cominciò i suoi studii, che dicevansi sulla cartella. Ed il Greco trapassato, entrò in costui vece Francesco Durante di Frattamaggiore diocesi di Aversa. Con questo Pergolesi seguitò il suo armonico tirocinio. Chiamato in Vienna il Durante, Francesco Feo allievo dello Scarlatti gli succedette nella qualità di maestro del Conservatorio; e sotto la direzion del medesimo proseguì Pergolesi ad apprender la scienz'armonica. E qui non dee tacersi che quantunque il Durante fosse profondo nel contrappunto, sublimi le sue fughe a più voci, che producevano una pienezza di armonia non comune ad altri maestri, era nondimeno inferiore al Pergolesi nell'estro alla Musica necessario; i suoi soli riuscivan languidi, le modulazioni, e cantilene aspre, e senza gusto, era l'accompagnamento di semplici consonanze, e quasi sempre scritte secondo gli aridi e soli precetti. Quegli all'opposto pieno d'estro e vivacità univa lo stile forte ed armonioso ne ripieni delle voci con accompagnamento strumentale, che sempre cantava, e mosse naturali de' bassi per lo più camminanti, che anch'essi cantavano; ed egli fu il primo, che compose qualche aria di un accompagnamento stromentale diverso dalla cantilena dell'attore; egli il primo che tra due violini intrecciasse de' motivi diversi; egli il primo, che introdusse il semitonare cantando, ed in una parola egli il primo che spogliasse la cantilena delle ariette del difficile ed arido dello Scarlatti, e cercasse per quanto poteva, adattarla alla passione, che destar dovevano le parole, non avendo mai scritto un verso in Musica, che alle parole non corrispondesse.
Stando ancora nel Conservatorio di fuori la sua prima composizione musicale, la quale fu un dramma sacro, che avea per titolo S. Guglielmo d'Aquitania poesia dell'avvocato, poi R. Consigliere D. Ignazio Mancini, con alcuni intermezzi buffi, e fu rappresentato nell'està dell'anno 1731 nel chiostro di S. Agnello di questa Città per onesto ricreamento del giovanetti, che frequentavano le congreghe de' PP. Filippini. Riscosse da questa produzione sommo plauso, ed il nome di lui cominciossi con lode a farsi ben noto per la Città tutta. Quindi il principe di Stigliano Colonna, il principe di Avellino Caracciolo, ed il duca di Maddaloni Carafa l'onorarono di lor particolar protezione; poichè essi con altri più distinti signori di Napoli proteggevan non solo gli uomini di lettere, ma anche i cultori delle arti belle, che in queste si distinguevano.
Nell'inverno di detto anno scrisse ancora la Musica per un dramma intitolato la Sallustia rappresentato nel teatro di S. Bartolomeo in quel tempo esistente, con accompagnamento di strumenti tutto nuovo, che meritò somm'approvazione ed applauso. Contava egli appena anni 24 ed aveva per competitori valorosi maestri di Musica, che distinguevansi per le Musiche di teatro, come l'Hasse detto il Sassone , Sarri già vecchio, Leo, Vinci, Porpora, i quali vedean con ammirazione, che un giovane stasse loro a fronte, e riscuotesse somme lodi. Ma di queste il Pergolesi non s'invanì punto nè poco; e proseguendo l'intrapresa carriera, diè fuori l'intermezzo la serva padrona nella quale fà conoscere la diversità dello stile e del gusto tra la Musica seria, e la scherzevole; onde gli applausi che ricevette furono sommi. Altre quattro cantate compose in seguito a voce sola che fece incidere; la prima con solo accompagnamento del basso, e le altre tre con due violini, e viola, tutte quattro con due sole arie: e l'ultima l'Orfeo meritò sommi encomii così dagli oltramontani, che dagl'italiani maestri. Accaduto un orribil tremuoto nel 1731 gli Eletti rappresentanti la Città di Napoli fecero eseguire nella Chiesa di S. Maria della Stella de PP. Minimi un solenne triduo in onore di S. Emiddio, che elessero per protettore della Città, e fu scelto Pergolesi per compor la Musica; ed in questa spiegò l'estensione de' suoi talenti, che produsse l'ammirazione ne' professori di Musica suoi coetanei. Scrisse una Messa a due orchestre per 10 voci che spirava somma divozione ed armonia, facendo vedere quanto nello stile sacro ancor valesse. Compose pure un vespro per detta festività, che non minori plausi ricevette. Altra Messa compose in seguito, ed invitò il maestro Leo a sentirla, il quale non senza meraviglia (essendo poco tempo trascorso da che la prima avea composta) andò ad ascoltarla, e ne rimase talmente compiaciuto, trovandola perfettissima, che in pubblico gli tributò somme lodi. Aggiunse a questa Messa il 3.° e 4.° coro, per farla eseguire nella Chiesa de PP. Filippini (1) nelle 40 ore del carnevale, nelle quali si cantavano a 4 cori le produzioni musicali del P. Erasmo Bartoli Filippino, detto il P. Raimo.
Nell'anno 1732 scrisse altro dramma buffo per rappresentarsi nel teatro de' fiorentini in lingua napoletana, che aveva per titolo lo frate nnammorato, che fu due volte replicato. Per quello di S. Bartolomeo fece la Musica del prigionier superbo, e fu replicato l'intermezzo della serva padrona, che in Londra si pubblicò con le stampe. Per l'istesso teatro nel 1734 scrisse la Musica dell'Adriano in Siria, cui aggiunse anche l'intermezzo che avea per titolo Livietta e Tracollo, che incontrò al pari della serva padrona. Altro dramma giocoso scrisse nel 1735 intitolato il Flaminio, che nel 1749 fu rappresentato nel teatro nuovo. Nell'istesso anno 1735 si condusse in Roma per mettere in Musica l'Olimpiade del Metastasio. Ma ivi incontrò sommo dispiacere, poichè la sua Musica non piacque affatto; mentre fu molto applaudita l'altra di un nostro napoletano Egidio Duni (vedi l'articolo del medesimo) che scrisse per lo teatro di Tordinona lo dramma intitolato il Nerone. Ebbe però Pergolesi il piacere che Duni gli portò a veder la sua composizione, (tanto l'aveva in pregio); e nello stesso tempo lo confortò per quella disavventura, facendo da ottimo conoscitore rilevare le bellezze che in quello dramma non si eran curate.
Ma la Musica che rendette, e renderà sempre il nome di Pergolesi immortale, fu quella dello Stabat Mater, che compor dovette per la Confraternita di S. Luigi di Palazzo; la quale stanca di sentire replicare in tutti li venerdì di marzo un'altra composta dallo Scarlatti a due voci, canto ed alto con due violini, ne diede al nostro Gio: Battista l'incarico con la tenue promessa di ducati 10. Tanto in que' tempi eran scarse le ricompense, che davansi per simili componimenti, che costar dovevano tempo e fatica. Cominciò egli dunque a distenderla secondo il volere de' confratelli, cioè con due voci, e due violini. Ma essendosi portato in Roma, come abbiam detto, più non vi attese. Ritornato in Napoli assai deteriorato in salute, premurato del disbrigo, proseguì l'intrapreso lavoro, malgrado che fosse travagliato da non interrotte febbri, che lo condussero finalmente ad esser vittima di una tisi pulmonare. Vani riusciron tutti i soccorsi dell'arte salutare; onde da medici gli venne prescritto di andare a respirare l'aere di Pozzuoli, e non già quello della Torre del Greco, come si dice nell'articolo Pergolesi nella Biografia antica, e moderna (Venezia 1818 vol. 43). Peggiorando da giorno in giorno, proseguiva in tale stato a comporre la Musica dello Stabat; perlocchè essendosi portato a visitarlo il rinomato maestro Francesco di Feo, che teneramente l'amava, lo rimproverò dicendogli, che lo stato in cui ritrovavasi non permetteva, che pensasse a comporre alcuna opera musicale. Ma l'estenuato giovane a stento potè rispondergli, che non potea a meno di non adempir la promessa già fatta fin dall'anno precedente avendo ricevuto ducati dieci, mentre la sua Musica non sarebbe valuta dieci bajocchi. Ritornato il maestro Feo dopo alquanti giorni in Pozzuoli ritrovò il moribondo giovane peggiorato a segno, che a mala pena potè dirgli di aver terminato il suo lavoro, ed inviato al suo destino. E potè dirsi con verità essere stato un tal lavoro il canto del Cigno, poichè pochi giorni dopo cristianamente finì i suoi giorni: lo che accadde a 16 marzo 1736, ed il dì seguente fu interrato nella Cattedrale di Pozzuoli, come ci è riuscito di sapere per la fede avutane da quel Parroco.
Se la vita di questo egregio uomo fu così presto troncata, il suo nome rimarrà immortale pe' sublimi armonici lavori che ha lasciati, e precipuamente per lo Stabat Mater, che tuttavia si ascolta con estremo compiacimento, malgrado il gusto tutto diverso (non sappiam se migliore) che nella Musica si è introdotto. Non possiamo a meno di non ricordare che negli ultimi suoi anni il rinomato Gio: Paesiello, che pur tanta gloria si aveva procacciato, con poca prudenza, per non dire altrimenti, credette di aggiungere fama al suo nome mettendo la mano alla Musica dello Stabat di Pergolesi, cambiando l'accompagnamento di molte strofe e sostituendovi gli stromenti da fiato a solo. Molti applaudirono a tal novità senza capire che questa maniera di composizione non vuol chiasso, ma un semplice accompagnamento flebile e commovente. Altre ottime produzioni sacre di fuori il nostro autore, cioè due Salve Regina che possono stare a fronte dello Stabat Mater, che dovrebbero servir di modello a tutti gli odierni Compositori di Musica per far loro conoscere qual debba esser lo stile da imitarsi per le sacre preci, senza impiastrarci, a scorno del buon senso, quella Musica, che appena si può tollerare nel teatro. Si è di sopra riferito qual fu il malore, che troncò la brieve vita del Pergolesi. Ma alcuni biografi l'un l'altro copiandosi hanno opinato d'esser morto per veleno propinatogli da suoi emoli. La qual cosa è del tutto falsa, poichè venne amato, e pregiato da tutti i maestri di Musica di quel tempo, e specialmente dal Feo, che fu due volte a visitarlo in Pozzuoli negli ultimi di lui giorni.
Agli uomini più celebri nelle scienze e nelle arti non son mancati mai inesorabili critici, che han tentato oscurarne il nome e la rinomanza, non esclusi dal numero di costoro anche Omero, e Virgilio. L'istesso accader doveva al nostro impareggiabile Pergolesi. Nella Biografia universale antica e moderna (Venezia 1818 vol. 43) l'estensore dopo di aver lodato il nostro autore, parlando dello Stabat dice, che unisce in se tutto ciò che dee caratterizzare la Musica di Chiesa nel genere patetico, ma poi soggiunge, che la scena è soverchiamente lunga e si scorge che malgrado gli sforzi dell'autore non potè trovare bastanti colori per variare il suo quadro senza uscire dal vero. Volle esprimer sempre al naturale parecchie strofe, che hanno tra loro troppo analogia. Dalle quali parole si scorge, che l'autore della Biografia universale scriveva su l'altrui relazione, e che o non aveva mai udito lo Stabat, o nell'udirlo era da altri pensieri distratto. Gli autori poi del nuovo dizionario istorico prima stampato in Caen nel 1786, e poi pubblicato in Napoli tradotto nel 1791 dopo aver detto che la Musica del Pergolesi è un quadro della natura che parla al cuore, alle passioni, che niuno lo ha superato nel genere dell'espressione, aggiungono che vien tacciato talvolta di una certa secchezza, e di uno stile tronco, la sua parte cantabile resta alle volte oppressa in certa maniera dall'effetto degli accompagnamenti, ed il suo genere di comporre sembra in generale troppo melanconico. A costoro si può aggiungere anche il sig. Chateaubriand, il quale nel II tomo dell'opera del Genio del Cristianesimo, parlando dell'eccellenza del canto Gregoriano tanto valevole per inalzar la mente a Dio, senza che la necessità lo richiedesse, del Pergolesi con poco piacevoli parole dice, che ei facendo meno sfoggio di tutte le ricchezze dell'arte sua, avrebbe dovuto per l'opposto immaginare una semplice cantilena da ripetersi in ciascuna strofa. Ma se ciò il nostro filarmonico avesse fatto, lo Stabat avrebbe avuto il carattere della così detta in francese romance, carattere niente adattato al soggetto. Poteva così lusingarsi il Pergolesi di produrre un effetto maggiore delle cantilene variate di cui ha fatto uso, e che conservano tutte la bella tinta di un religioso dolore? La bella varietà unita allo sfoggio dell'arte tanto lodata nella prima fuga non fa sentire a chi l'ode la lunghezza, che fino alla noia si sentirebbe se si ripetesse l'istessa strofa con l'istessa Musica per quanto armoniosa ella fosse. Ma tali critiche niente han nociuto alla rinomanza dell'autore, e lo Stabat si ascolta tuttavia con l'istesso piacere, sebbene sia ora cambiato in tutto il sistem'armonico. Ma ad onta di tali critiche non vi sono mancati esimii lodatori della Musica del Pergolesi. Il severo Rousseau nella lettera sulla Musica francese ha detto che Pergolesi fu tra primi che abbia fatto della Musica, ciò che i maestri anteriori non avevano eseguito, essendo l'antica pochissimo melodica, troppo artificiosa e ripiena di contrappunto. Marmontelle nella sua Poetica francese disse, che la serva padrona colla Musica del Pergolesi servì di scuola a Francesi in questo genere, ignorando che la commedia può essere avvivata dalla Musica, lo che impararono dalla serva padrona. Il sig. d'Alembert non poteva lodar meglio il nostro autore, che dicendo, nella dissertazione della libertà della Musica, che Pergolesi rapito troppo presto a progressi di quest'arte è stato il Raffaele della musica italiana, avendole dato uno stile vero, nobile, e semplice, da cui i maestri della sua nazione se ne vanno allontanando. Il Millin nel Dizionario delle belle arti, l'Eximeno dell'origine e delle regole della Musica, che lo chiama ancora il Raffaele della Musica; l'Arteaga nel tom. III. dell'opera intitolata Rivoluzione del teatro musicale italiano; l'Anonimo autore dell'opera Saggio istorico sulla Musica, tutti concordemente parlando di Pergolesi lo nominano con dovute lodi. Ed in fatti giustamente se le ha meritate non solo per le produzioni armoniche da lui date fuori, ma pel suo costume religioso e perfetto, per l'amabilità de' suoi costumi, per la stima che aveva de' maestri suoi contemporanei, e più di tutto per la sua umiltà somma, non essendosi mai invanito de' grandi encomii, che gli venivano tributati. Avendo noi chiesto al Cav. Domenico Corigliano nostro dilettissimo amico e della Musica peritissimo, se qualche cosa non divulgata di così insigne autore possedesse per farne motto in quella lettera biografica, che siccome si è detto fu da noi pubblicata, ci fu risposto che nulla possedea all'infuori dello Stabat scritto di propria mano del Pergolesi. Ed informato da noi, che le ossa di così celebre uomo neglette ed inonorate giacevano nella Cattedrale di Pozzuoli, ove morì, si risolvè di ergergli una memoria in quella: sicchè a noi diede l'incarico di ottenere il permesso dal dottissimo Vescovo di Pozzuoli Monsig. Rosini, ed avendolo ottenuto vi fece scolpire in marmo la seguente inscrizione. A. X. Q.
IOANNI BAPTISTAE PERGOLESIO
DOMO AESI
QUI AB AETATE PRIMA
NEAPOLIM MUSICAE ADDISCENDAE STUDIO CONCEDENS
IN COLLEGIUM SUB TITULO PAUPERUM IESU CHRISTI ADSCITUS
MUSICIS FACIENDIS MODIS
SUOS INTER AEQUALES LONGE PRAESTITIT
PUTEOLIS DECESSIT XVII. KAL. APRILIS ANNO CIOIOCCXXXVI.
QUO VALETUDINIS CAUSSA SECESSERAT
VIXIT AN. XXVI. MENS. II. DIES XIII.
DOMINICUS CORIGLIANUS
EX MARCHIONIBUS RIGNANI EQUES HIEROSOLYMITANUS
NE CLARISSIMI VIRI MEMORIA INTERCIDERET
MON. P.
CAROLO ROSINIO EPISCOPO PUTEOLANO ANNUENTE.
Del Pergolesi esistono in Napoli nell'archivio di S. Pietro a Majella le seguenti opere.
Adriano in Siria dramma in 3 atti -- la contadina astuta intermezzi in atti 2 -- Flaminio dramma in atti 3 -- lo frate nnammorato dramma giocoso in atti 3 -- l'Olimpiade dramma in atti 3 -- il prigionier superbo dramma in atti 3 -- la Sallustia dramma in atti 3 -- la serva padrona intermezzo in atti 2 -- S. Guglielmo oratorio sacro in atti 3 -- aria, nacqui agli affanni in seno -- concerto di violino -- Messa a due cori -- Salve Regina per soprano -- lo Stabat Mater -- parafrasi dello Stabat in Italiano -- Miserere a 4 voci -- Salmo Confitebor a 5 voci -- mottetto a 5 voci -- antifona originale -- Messa a 2 voci con istrumenti -- tuoni ecclesiastici coi loro versetti -- scherzo coi Cappuccini di Pozzuoli. Nell'archivio de' PP. dell'Oratorio di Napoli esistono le seguenti produzioni dello stesso maestro: Messa a più voci -- partitura di un oratorio sacro per la nascita del Redentore -- solfeggi a 2 e 5 voci -- cantate, arie e duetti in due volumi.
Presso il maestro Gennaro Parise si trovano: il salmo Laudate a 5 voci con violini, viole, e bassi -- il salmo Dixit a 2 cori con violini, viole, oboe, trombe, e bassi.
Presso il copista di Musica Francesco Campagnano: quattro cantate ad una voce.
In Inghilterra presso Lord Northamptan: una Messa a 10 voci -- un Dixit a 10 voci -- un Confitebor a 4 voci in canto fermo -- sei cantate stampate tre con violini, viola, e basso, e 3 con accompagnamento di piano-forte.
Nella casa del signor Principe di Avellino esistevano varie composizioni musicali del Pergolesi, molte delle quali si acquistarono dal ch. signor Gregorio Tresca, e sono le seguenti: il Giasone cantata a 5 voci -- l'Issipile -- raccolta di cantate stampate in Londra -- otto cantate per camera -- un Confitebor a due voci -- raccolta di arie scelte.

(1) Il Pergolesi, essendo ancora nel Conservatorio, si portava ogni giorno nella Chiesa de' PP. Filippini, per fare una sonata d'organo, che secondo l'Istituto di S. Filippo dovea frapporsi fra i due sermoni.

Carlantonio de Rosa marchese di Villarosa
Memorie dei compositori di musica del Regno di Napoli
Napoli, dalla Stamperia reale, 1840